Corre lo spread, che nella mattinata odierna supera i 240 punti base, salendo ai massimi dalla primavera del 2020, cioè dall’inizio dell’era Covid. Il BTp a 10 anni ha sfiorato il 4% lordo, un livello che non vedeva dal 2014, da prima che l’allora governatore BCE, Mario Draghi, varasse i potenti stimoli monetari che portarono ai tassi negativi, tra l’altro anche in conseguenza del piano di acquisti dei bond. Proprio questi stimoli stanno per essere smantellati e il mercato ha reagito malamente.
Il BTp a 10 anni al 4% è una notizia a dir poco grossa. Equivale al 3,5% netto. Per quanto in termini reali sia ancora al -3,4%, stando agli ultimi dati sull’inflazione, non esiste alcun paese avanzato, Grecia a parte, che offra al momento simili valori nominali. Per gli obbligazionisti, la seria possibilità di sfruttare le tensioni sui mercati per entrare a condizioni potenzialmente molto vantaggiose.
BTp a 10 anni al 4%, rischio default?
In effetti, se l’inflazione nei prossimi anni scenderà, come secondo un po’ tutte le stime e scontato dallo stesso mercato, il BTp a 10 anni si rivelerà redditizio in termini anche reali. Peraltro, il BTp 1 giugno 2032 e cedola 0,95% (ISIN: IT0005466013) prezza oggi appena sopra 76 centesimi. Da qui alla scadenza dovrà tendere necessariamente a 100, per cui l’obbligazionista avrebbe modo di uscire dal mercato anche prima rivendendo a una quotazione più alta. Possibile, quindi, che il rendimento effettivo su base annua incassato risulti ancora più alto del 4%.
Ma esiste un rischio sovrano elevato? I cds, titoli che assicurano contro il rischio default, sono saliti ai massimi dall’estate 2020. Significa che le probabilità di fallimento dell’Italia risultano attese nell’ordine del 2,36% entro i prossimi 5 anni. Parliamo di una percentuale bassissima, per quanto elevata per gli standard occidentali.