BTp a 5 anni a confronto, solo uno dei due ha le CACs

Non tutti i titoli di stato soggiacciono alle stesse regole. Ecco un esempio che riguarda i BTp a 5 anni, di cui uno emesso con le CACs.
12 mesi fa
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BTp 30 anni in attesa del taglio tassi BCE
BTp 30 anni in attesa del taglio tassi BCE © Licenza Creative Commons

Si è fatto un gran parlare di Mes sotto Natale dopo che il Parlamento italiano ha bocciato la ratifica della riforma varata a fine 2020. Solo una minima parte dell’opinione pubblica ha, però, idea di quale sia l’oggetto del contendere. L’Italia teme possibili effetti negativi dalla rivisitazione delle regole sulle Clausole di Azione Collettiva (CACs). Ecco un esempio che riguarda i BTp a 5 anni. Vi proponiamo due bond con scadenza nel 2029 ed emessi nel Tesoro in periodi molto differenti.

BTp 5 anni a confronto

Il BTp 1 novembre 2029 con cedola 5,25% (ISIN: IT0001278511) si acquista oggi ad un prezzo di 111 e offre un rendimento alla scadenza del 3,15% lordo. Questo titolo venne emesso nel 1998 come trentennale, anche se al momento presenta una durata residua di cinque anni abbondanti. Recente è stata, invece, l’emissione del BTp 1 dicembre 2029 con cedola 3,85% (ISIN: IT0005519787). Quotazione a 103,23 mentre scriviamo e rendimento lordo del 3,25%.

Qual è la differenza tra i due BTp a 5 anni? Il primo offre una cedola più alta, ma rende un po’ meno per via del maggiore prezzo di acquisto. Non è tutto. Il secondo è stato emesso nel 2022, per cui rientra tra i titoli che soggiacciono alle CACs. Queste clausole furono introdotte dall’Unione Europea nel 2012 e a partire dal 2013 per il 45% dei bond governativi di nuova emissione e della durata superiore ai 12 mesi. Ma dal 2022 tutte le nuove emissioni avvengono con le CACs.

Cosa sono le CACs

Si tratta di regole che puntano a ridurre i tempi di rinegoziazione del debito pubblico nel caso di difficoltà finanziarie di uno stato. Cosa succede quando un governo non ha più la possibilità di accedere al mercato dei capitali per rifinanziarsi a costi sostenibili? Partono complesse trattative con gli obbligazionisti e molto spesso capita che questi perlopiù non vogliano sentirne di rinunciare a parte del capitale o degli interessi o ad allungare la durata dei bond posseduti.

L’incertezza attorno alla rinegoziazione genera effetti ulteriormente negativi sulla capacità di uno stato di tornare presto ad attingere ai capitali sui mercati. Non di rado, le lungaggini portano al default. Accade più volte di quanto pensiate presso le economie emergenti. E si arrivò vicini a un esito simile per la Grecia nel 2012. Atene nel maggio di quell’anno riuscì a tagliare il debito di 107 miliardi di euro, cioè del 53,5% del valore nominale dei bond in circolazione. A quel punto, Bruxelles studiò un modo per evitare in futuro difficoltà a carico di uno o più stati membri in caso di necessità.

BTp a 5 anni equivalenti?

Cosa prevedono le CACs? La possibilità per uno stato di chiedere agli obbligazionisti la riduzione del capitale (“haircut”), degli interessi, l’allungamento delle scadenze (“rollover”), la ridenominazione valutaria o un mix di queste ipotesi. L’accettazione passa per la doppia approvazione con maggioranza qualificata da parte dei possessori delle singole emissioni e di tutte le emissioni oggetto di ristrutturazione.

I bond del Tesoro emessi con le CACs sono più o meno rischiosi degli altri? In teoria, dovremmo rispondere che sia indifferente. Si tratterebbe soltanto di un sistema di regole per snellire la fase delle trattative tra stato e creditori privati. Dunque, nello specifico il BTp a 5 anni emesso nel 2022 sarebbe del tutto equivalente al titolo ex trentennale di fine anni Novanta. Tuttavia, all’atto pratico può capitare che le CACs agevolino la rinegoziazione ai danni dei piccoli investitori. Banche, assicurazioni, fondi e governi troverebbero il modo di accordarsi e i termini di tale intesa non necessariamente risulterebbero favorevoli ai possessori meno influenti.

Modifiche CACs con riforma Mes

Se fosse passata la riforma del Mes, poi, le CACs sarebbero state rese ancora più favorevoli ai governi. Sarebbe bastata un’unica votazione (“single-limb”) a maggioranza qualificata per approvare la proposta del debitore.

La tutela dei diritti economici in capo ai creditori sarebbe stata affievolita. E forse è anche per questo che lo spread, anziché salire come da molte previsioni, abbia proseguito la discesa dopo la bocciatura del Parlamento.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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