BTp in dollari a 30 anni: spread in calo con gli USA e i titoli italiani in euro

A meno di un mese dall'emissione del bond in dollari 2051, facciamo un bilancio sull'andamento sul mercato secondario
3 anni fa
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BTp in dollari a 30 anni

E’ passato meno di un mese da quando il Tesoro ha raccolto 3,5 miliardi con due BTp in dollari a 3 e 30 anni. La seconda tranche offriva al suo debutto il 3,94%, grazie a un’emissione sotto la pari e una cedola del 3,875% (ISIN: US465410CC03). Quello stesso giorno – eravamo il 27 aprile – il BTp in euro a 30 anni offriva l’1,86%, cioè 208 punti base in meno. In queste settimane, il suo rendimento risulta salito all’1,98%. E il BTp in dollari? Dopo una discesa fino a un minimo di 98 centesimi, ha risalito la china e nella giornata di venerdì scorso la quotazione si attestava alla pari.

Dunque, il suo rendimento è sceso al 3,875%.

E così, le distanze tra i due titoli si sono ristrette. Lo spread tra BTp in dollari e quello in euro a 30 anni è sceso a 189 punti base, cioè di quasi una ventina. Al contempo, il Treasury di pari durata è salito dal 2,30% al 2,32%. Questo porta lo spread con i titoli di stato USA in calo da 165 a 155 punti. A ridursi sono anche le distanze con Oltreoceano.

A cosa sono dovuti questi movimenti? Sappiamo che il trend sui mercati obbligazionari in queste settimane è ribassista nell’Eurozona. La reflazione sta riducendo la domanda di bond a favore di “commodities” e azioni. Peraltro, il timore di un taglio degli acquisti di bond da parte della PEPP accresce il rischio sovrano percepito per i titoli italiani. A quanto pare, non lo stesso dicasi per i BTp in dollari. Il loro rendimento stringe sia nei confronti dei bond in euro, sia dei Treasuries. Come leggere questa apparente anomalia?

Per prima cosa, il cambio euro-dollaro si è rafforzato nell’ultimo mese dell’1% a 1,22, ai massimi da gennaio. L’indebolimento del biglietto verde contro la moneta unica sta rendendo i BTp in dollari relativamente meno costosi. A parità di rischio sovrano, probabile che ciò abbia sostenuto l’appetito tra coloro che cercano “yield” sul mercato americano.

Possibile anche che vi sia una spiegazione meno tranquillizzante: il mercato sconta un rischio sovrano più alto per i BTp in euro, in quanto quelli in dollari molto più difficilmente sarebbero ridenominati in un’altra valuta nel caso di ristrutturazione del debito italiano. Ma se così fosse, perché lo spread con il Treasury a 30 anni stringe? In fondo, significa che il premio richiesto dal mercato per investire sui titoli di stato italiani, anziché americani, si sia ridotto. E questo è un piccolo segno di fiducia verso il Bel Paese.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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