Il Tesoro ha annunciato nella giornata odierna l’emissione di nuovi BTp in dollari, affidando l’incarico a Citigroup, Deutsche Bank e Morgan Stanley. Il collocamento avverrà “nel prossimo futuro” e sulla base delle condizioni di mercato, un’espressione che generalmente implica l’imminente raccolta sui capitali. Due saranno le scadenze: 6 maggio 2024 e 6 maggio 2051, entrambe in format SEC-Registered Global a tasso fisso.
Questa è la terza emissione da quando il Tesoro ha riesumato i titoli in valuta americana dopo una sospensione durata un decennio.
L’Italia ha altre scadenze in dollari, tra cui quelle che verranno rimborsate nell’ottobre 2024 e nell’ottobre 2051. La loro emissione risale all’autunno 2019 e attualmente i rendimenti di questi due BTp in dollari si attestano rispettivamente all’1,06% e al 3,72%. Si tratta di numeri orientativi circa i livelli di rendimento che potranno offrire le due tranche in corso di emissione. Non a caso, abbiamo scelto le due scadenze molto più prossime con cui effettuare un confronto.
BTp in dollari a premio
Allo stato attuale, il BTp in dollari a 3 anni dell’Italia viaggia a +113 punti base di rendimento sopra il bond in euro. Rispetto alla medesima scadenza del Treasury, invece, il premio si abbassa a 72 punti base. Quanto alla scadenza a 30 anni, il BTp in dollari rende quasi 220 punti base in più di quella in euro e quasi 150 in più del Treasury di pari durata. Questi saranno verosimilmente i valori a cui i rendimenti si avvicineranno anche per le due tranche appena comunicate dal Tesoro.
In altre parole, dovremmo attenderci un BTp in dollari a 3 anni a poco più dell’1% e un trentennale in area 3,80%. Chiaramente, acquistando questi bond sul mercato secondario, ci esporremmo a un rischio di cambio. Sulle scadenze più brevi, un eventuale repentino apprezzamento del cambio euro-dollaro finirebbe per più che divorare il premio offerto dal Tesoro, mentre sulle scadenze più lunghe appare più difficile che ciò accada nel breve e medio termine.
I più alti rendimenti in dollari, a parità evidentemente del medesimo rischio sovrano, dipendono dal fatto che la curva dei tassi negli USA sia più alta. Essa riflette condizioni monetarie meno espansive rispetto all’Eurozona, dove da anni sono stati adottati i tassi negativi contro la bassa inflazione. Questo fenomeno è molto meno presente negli USA, dove il mercato da mesi sconta una reflazione piuttosto vigorosa. Chiaramente, più i Treasuries si deprezzeranno e aumenteranno di rendimento, maggiore il calo che subirebbero anche i BTp in dollari, a parità di spread preteso dagli obbligazionisti.