E’ stata sottotono anche la terza seduta per il collocamento del BTp Futura a 12 anni (ISIN: IT0005466344). In totale, il Tesoro ha ricevuto sinora ordini per 2,67 miliardi di euro, 2 in meno di quelli ricevuti nelle prime tre giornate dalla scadenza a 16 anni. Quasi impossibile ormai anche solo sperare di tendere ai 5,48 miliardi della terza emissione. Eppure, i segnali dello scarso interesse verso questo bond c’erano stati già con le tre precedenti emissioni, quando gli ordini non erano mai stato davvero eclatanti e pur a fronte di tassi d’inflazione allora azzerati.
Cosa non va con i BTp Futura? Anzitutto, le cedole step up. Perché un obbligazionista dovrebbe accontentarsi di ricevere tassi d’interesse per i primi anni più bassi di quelli che il mercato sovrano stesso gli offrirebbe su un bond di pari durata? Certo, le emissioni garantiscono un rendimento alla scadenza a premio rispetto alle alternative con cedola fissa, ma si tratta di un extra che verrà incassato nel lungo periodo. Nel breve, le cedole risultano basse.
BTp Futura, qualche cambiamento possibile
E c’è la questione del premio fedeltà. Generoso, agganciato al PIL, ma per incassarlo bisogna mantenere il BTp Futura in portafoglio fino alla fine. E in pochi possono stare certi di non avere bisogno di liquidità negli anni successivi. L’incertezza rende poco appetibile questo stratagemma ideato dal Tesoro per favorire gli investimenti a lungo termine. Infine, probabile che non giovi il meccanismo complessivamente poco chiaro per determinare il rendimento.
Come rimediare? Non si vede il motivo per intestardirsi con le cedole step up. Se vogliono essere un riconoscimento per gli obbligazionisti cassettisti, a questo ci penserebbe già il premio fedeltà. Meglio sarebbe fissare tassi d’interesse fissi, a cui eventualmente sommare un tasso extra legato all’andamento del PIL nominale e slegato dal possesso o meno del bond sin dall’inizio.