Il Tesoro ha tenuto oggi un’asta con cui ha raccolto 5,50 miliardi di euro con l’emissione di un nuovo BTp short term e due tranche di BTp indicizzati all’inflazione europea già in circolazione sul mercato. Ed è su questi ultimi che ci concentriamo, al fine di rispondere a qualche dubbio che serpeggia tra i risparmiatori circa le conseguenze di una possibile vendita dei bond prima della scadenza. L’offerta di oggi ha riguardato per 1,25 miliardi la 21-esima tranche del BTp€i 15 maggio 2029 (ISIN: IT0005543803) con cedola reale 1,50% e la sesta tranche del BTp€i 15 maggio 2036 (ISIN: IT0005588881) con cedola reale 1,80% per altri 1,25 miliardi. Le richieste sono state in entrambi i casi per circa 2,15 miliardi, pari a un rapporto di copertura di 1,72.
Rendimenti reali e aspettative d’inflazione
I suddetti due BTp indicizzati all’inflazione europea hanno esitato rispettivamente un rendimento lordo reale di 1,17% e 1,90% con prezzi di aggiudicazione a 101,40 il primo e 99,06 il secondo. Poiché sui due tratti della curva dei tassi i rendimenti italiani viaggiano attualmente a quasi il 2,90% e al 3,70% rispettivamente, ne deduciamo che le aspettative d’inflazione del mercato a quattro anni si aggirino intorno all’1,70% medio all’anno e quelle ultra-decennali all’1,80%. In entrambi i casi, sotto il target del 2% fissato dalla Banca Centrale Europea.
Rivalutazione del capitale alla scadenza
Veniamo ad un’altra domanda: cosa succede se rivendo i BTp indicizzati all’inflazione europea prima della scadenza? Sappiamo che sono bond del Tesoro simili a quelli con cedola fissa, ma che presentano una peculiarità: accreditano la rivalutazione del capitale tutta alla scadenza. In ciò si distinguono dai BTp Italia, la cui rivalutazione in base ai prezzi al consumo domestici avviene su base semestrale. Questo può essere visto come un problema da coloro che non volessero attendere fino alla scadenza per riprendersi il capitale. C’è il rischio di perdere il recupero dell’inflazione promesso dall’emittente?
La risposta è negativa.
Prendiamo i due BTp indicizzati all’inflazione in asta stamane. Gli investitori non verseranno allo stato solamente il prezzo di aggiudicazione, ma anche il coefficiente di indicizzazione pari a 1,04389 nel primo caso e a 1,01801 nel secondo. In pratica, dovranno pagare un “sovrapprezzo” del 4,389% e 1,801% rispettivamente. Esso equivale all’inflazione cumulata (in parte, stimata) dall’emissione dei due bond fino alla data di regolamento dell’asta odierna.
Chi fissa tali coefficienti? Lo stesso Tesoro con la pubblicazione di apposite tabelle. Ovviamente, esso non può conoscere in anticipo quale sarà il livello dei prezzi al consumo attuali o futuri, visto che Istat ed Eurostat pubblicano i dati successivamente alla fine del mese a cui fanno riferimento. In effetti, si tratta di stime e, in quanto tali, suscettibili di errori. Ma grosso modo corrispondono alle variazioni degli indici e garantiscono al mercato parametri solidi a cui agganciarsi per le compravendite.
BTp indicizzati inflazione, nessun problema da rivendita anticipata
Nei casi sopra indicati le differenze con i prezzi di aggiudicazione non sono eclatanti, ma ci sono BTp indicizzati all’inflazione emessi anni fa e che nel frattempo hanno accumulato elevati tassi di rivalutazione. Prendete il BTp€i 15 maggio 2026 con cedola reale 0,65% (ISIN: IT0005415416). Fu emesso nel giugno 2020 e da allora ad oggi ha accumulato una rivalutazione del 20%. Chi lo acquistasse ora attorno alla pari (99,92 centesimi l’ultimo prezzo segnalato da Borsa Italiana), si troverà a spendere effettivamente circa 120.
Grazie a questa rivalutazione corrisposta dall’acquirente al venditore, i BTp indicizzati all’inflazione non infliggono alcuna perdita a chi decide di disinvestire prima della scadenza. In questo modo la scelta se uscire o meno dal mercato non è influenzata dal tasso di rivalutazione fino a quel momento accumulato.