Inflazione in Italia a luglio all’1,9%, rivista in rialzo dall’ISTAT dall’1,8% della stima preliminare. Nulla su cui valga concentrare l’attenzione, anche se i tempi dell’inflazione a zero o negativa sembrano definitivamente alle spalle. Cerchiamo di captare il possibile impatto sui titoli di stato italiano, prendendo come segnale il BTp Italia 2026 (ISIN: IT0005332835).
Quando si cerca di prevedere il tasso d’inflazione nel medio termine, si prende come riferimento lo spread tra i bond con cedola fissa e quelli indicizzati ai prezzi al consumo.
BTp Italia e inflazione post-Covid
Ed è proprio con questo titolo che dobbiamo confrontare il rendimento per estrapolare l’inflazione media attesa in Italia da qui a 5 anni. Esso offre il -0,06% contro il -0,74% del BTp Italia 2026. Questo ci suggerisce che il mercato non si aspetterebbe alcuna reflazione drastica nel nostro Paese. Anzi, il tasso medio annuo sarebbe di circa lo 0,70%, poco più di un terzo del target BCE per l’intera Eurozona.
E’ un segnale positivo o negativo per i titoli di stato tricolori? Se consideriamo l’inflazione una variabile dipendente dal grado di vivacità dell’economia, allora dovremmo ammettere che si prospetterebbe un periodo poco propizio per l’Italia dopo il Covid. Ma se consideriamo l’inflazione un fattore che pesa negativamente sull’appeal dei bond, il discorso cambia. Con un’inflazione così bassa, l’Italia potrebbe permettersi di attirare capitali sul suo mercato sovrano. I rendimenti offerti risulterebbero accettabili, pur non all’infinito.