Non tutti i titoli di stato italiani posseggono ormai cedole molto basse. Tra quelli che ancora offrono tassi d’interesse medio-alti o alti, troviamo il BTp maggio 2031 e cedola 6% (ISIN: IT0001444378). Venne emesso nel 1999, per cui esordì come un ultra-trentennale. Allora, rendimenti a 30 anni in area 6% erano considerati del tutto normali, mentre nella settimana di Ferragosto il Tesoro ha emesso il BTp 2050 con un rendimento inferiore al 2%. Chi lo acquistasse oggi, però, dovrebbe sborsare intorno a 1.500 euro per ogni 1.000 euro nominali investiti.
E tra meno di 11 anni, quando il bond arriverà a scadenza, il Tesoro ci rimborserà un capitale pari a un terzo in meno rispetto all’esborso effettuato, pari a una minusvalenza lorda annuale media del 3,12%. Dunque, il rendimento lordo effettivo scenderebbe allo 0,88%, pari allo 0,77% netto. Si consideri che l’attuale “benchmark” a 10 anni, cioè il BTp dicembre 2030 e cedola 1,65% (ISIN: IT0005413171), offre oggi un rendimento lordo dello 0,97%.
BTp settembre 2022, l’inganno perpetrato dalla maxi-cedola
La cedola alletta, ma non rende
Probabile, infatti, che il mercato sia maggiormente allettato dal BTp 2031 per via della più alta cedola. Negli ultimi tre mesi, ad esempio, esso si è apprezzato del 6% contro il 4,5% del BTp dicembre 2030. In una fase di rendimenti azzerati, se non negativi, poter mettere le mani su una maxi-cedola per molti rappresenta una soluzione transitoria apprezzabile, anche perché le politiche monetarie ultra-espansive delle banche centrali autorizzano ormai a pensare che i rendimenti reggano al ribasso o continuino a scendere, per cui i prezzi o salgono di poco o restano invariati.
Nel caso del bond in esame, sarebbe molto difficile immaginare che le quotazioni non scendano da qui al medio periodo. Ad esempio, tra un anno il rendimento scenderebbe altrimenti allo 0,56% lordo, un livello quasi triplo rispetto a quello della Spagna, ma per il momento non sembra alla portata dell’Italia, specie se il pil nell’Eurozona iniziasse a riprendersi vigorosamente da questo trimestre, comportando il rischio di deflazione.
A rendimento invariato, invece, la quotazione dovrebbe scendere sotto 145, di fatto mangiandosi l’intero rendimento offerto dalla cedola. Da qui, il suggerimento di non farsi attrarre da quest’ultima per investire, a meno che non si voglia attendere la scadenza e, in ogni caso, ci si accontenti di un rendimento effettivo persino inferiore al bond decennale.