Il titolo di stato di cui ci occuperemo oggi fu emesso alla vigilia di un evento tragico: l’arrivo del Covid-19 in Italia. Eravamo a pochissimi giorni dalla chiusura di Codogno, Comune del lodigiano. Fu il primo “lockdown” nel nostro territorio nazionale. Meno di tre settimane dopo sarebbe toccato all’intera nazione. Qualche giorno prima il Tesoro emetteva il BTp 1 marzo 2036 con cedola 1,45% (ISIN: IT0005402117). Si trattò allora di un bond pensato per la scadenza dei 15 anni, anche se inizialmente ebbe una durata effettiva di 16 anni.
Quotazione in caduta tra Covid e inflazione
Proprio per le condizioni particolare in cui debuttò sul mercato, il BTp 2036 non ebbe particolare fortuna. Poche sedute dopo il suo sbarco alla Borsa Italiana, le negoziazioni segnalavano una caduta del prezzo. Già un mese dopo la quotazione precipitava a 88 centesimi. Gli investitori ebbero paura che la pandemia avrebbe travolto la già fragile economia italiana, decretandone il default. Le cose per nostra fortuna sarebbe andate diversamente, anche grazie all’intervento sia della Banca Centrale Europea con il varo del Pepp, sia della Commissione con il Next Generation Eu da 750 miliardi di euro.
Vero è, però, che dopo essere risalite fin sopra la pari e a toccare i massimi un anno dopo a 108, il BTp 2036 iniziò a ripiegare per effetto del boom dell’inflazione. Sappiamo cosa accadde. Tra pandemia prima e guerra russo-ucraina dopo, il costo della vita esplodeva e i rendimenti s’impennavano per scontare anche tassi di interesse in rialzo. Il minimo storico questo bond lo toccava un anno fa a 67 centesimi: oltre un terzo del capitale “bruciato” rispetto all’emissione. Di lì in avanti, la risalita. Pur molto al di sotto della pari, oggi la quotazione sfiora gli 81 centesimi. In un anno, il guadagno in conto capitale vale quasi il 21%. Insieme alla cedola, poco meno del 23%.
Guadagni enormi dai minimi storici
In pratica, coloro che ebbero il coraggio, l’intelligenza o anche solo la fortuna di inserire in portafoglio il BTp 2036 nel suo momento peggiore, oggi possono vantare guadagni reali nell’ordine del 22% al lordo dell’imposta. Anche al netto di essa, sarebbero comunque intorno al 20%. Non c’è di cosa lamentarsi per un periodo di detenzione così breve. Il titolo offre un rendimento inferiore al 3,60% e a premio sul Bund della Germania di 120 punti base o 1,20%. Quando venne lanciato sul mercato, rispetto all’allora titolo tedesco a 15 anni lo spread sfiorava i 170 punti base o 1,70%.
E cos’è accaduto a quanti hanno acquistato il BTp 2036 al suo debutto? Ebbene, la perdita in conto capitale si aggira intorno al 20% ancora oggi. Molto improbabile che da qui al medio periodo la quotazione si riporti alla pari. Implicherebbe una discesa del rendimento a livelli troppo bassi per una scadenza così lunga. Anche considerato che in oltre quattro anni e mezzo l’investitore ha ricevuto cedole per il 6,70% della somma investita, il saldo risulta in profondo rosso. Lo è ancora di più in termini reali, perché l’Istat segnala che l’inflazione italiana dal febbraio 2020 al mese scorso è stata del 17%. Conto finale: -30%.
BTp 2036 lezione al mercato
Se ancora ci fosse bisogno di ribadirlo, l’ingresso sul tratto lungo della curva dei tassi è sempre sconsigliabile quando i tassi sono molto bassi. Viceversa, è consigliabile proprio quando i tassi sono alti e magari arrivati al culmine. Il BTp 2036 offriva un rendimento di circa l’1,40% all’atto della sua emissione, mentre oggi, a fronte di una durata di oltre quattro anni e mezzo inferiore, rende più di due volte e mezzo tanto. Una piccola, ennesima lezione che dovremo imparare.