BTp nel mirino della finanza internazionale e, una volta tanto, non per essere venduti, ma al contrario per rimpolpare i portafogli dei fondi d’investimento. Non passano inosservati i rendimenti sovrani italiani, ancora relativamente più alti di tutta l’Eurozona, insieme a quelli della Grecia. In questo articolo, cerchiamo di analizzare l’ottimo andamento che sta avendo in questi mesi il nuovo bond a 20 anni, il BTp 1 marzo 2041 e cedola 1,80% (ISIN: IT0005421703). E’ stato emesso solamente a settembre, cioè tre mesi fa, a un rendimento lordo di circa l’1,81%, in quanto il prezzo di collocamento allora fu poco sotto la pari, a 99,765 centesimi.
BTp marzo 2041: questo titolo può salire del 10% e offre cedola 1,80%
Ieri, lo stesso titolo a fine seduta si acquistava a 110,90 e rendeva solo l’1,13%. Questo significa che per inserirne 1.000 euro nominali in portafoglio si dovrebbero spenderne 1.109 contro i 997,65 dell’emissione. In un trimestre, il solo rialzo del prezzo ci avrebbe consentito di portare a casa un guadagno lordo dell’11,2%. A questo bisogna aggiungere la cedola maturata dal 15 settembre scorso, vale a dire per oltre la metà del semestre di riferimento, in scadenza l’1 marzo. Con la rivendita, infatti, avremmo diritto a percepire dall’acquirente il rateo attivo pari a quasi lo 0,50% rispetto allo 0,90% nominale. In totale, quindi, il guadagno lordo ammonterebbe all’11,66%.
A questo punto, però, dovremmo tenere conto dell’aliquota del 12,50% dell’imposta gravante sulle plusvalenze e sulle cedole. Al netto, il guadagno scenderebbe al 10,20%, restando pur sempre a doppia cifra e per un periodo di detenzione di appena tre mesi. Chi avesse acquistato questo titolo e lo detenesse ancora oggi in portafoglio con ogni probabilità si mostrerebbe da un lato tentato di rivenderlo per realizzare i guadagni altrimenti solo virtuali, dall’altro vorrebbe tenerlo confidando in ulteriori apprezzamenti del titolo e, perché no, per incassare semestralmente una cedola mica male.
Tra luci (BCE) e ombre (crisi di governo)
Dobbiamo premettere che il boom registrato dai titoli di stato italiani è in linea con l’andamento del mercato obbligazionario globale, a seguito delle misure di accomodamento monetario varate da tutte le principali banche centrali per contrastare la pandemia. Il crollo dei rendimenti italiani, quindi, non riflette un miglioramento dei fondamentali macro (anzi!), ma lo stesso dicasi all’estero. Anzi, il fatto che restino i più alti d’Europa implica l’assunzione di un rischio sovrano relativamente elevato, per quanto placato dalle azioni della BCE.
Ad ogni modo, non possiamo non notare che il ventennale spagnolo offra circa la metà del nostro rendimento, cioè meno dello 0,60%. Se nelle prossime settimane il BTp 2041 dovesse tendere a quei livelli, continuerebbe ad apprezzarsi ulteriormente. Nessuno ci garantisce che sia così, che gli spread con la Spagna si restringano o che, invece, tornino a divaricarsi per le possibili vicissitudini politiche di gennaio, quando esistono concrete probabilità che il governo Conte entri in crisi per via della verifica di maggioranza richiesta dai renziani di Italia Viva e dallo stesso PD.
Dopo tutto, il rendimento del bond è sceso di oltre due terzi di punto percentuale in così breve tempo. Nessuno avrebbe potuto immaginare un passo simile. Adesso, il prossimo test per questa scadenza è la discesa sotto l’1%, mentre per i decennali spagnoli e portoghesi i rendimenti negativi sono diventati ormai realtà. Tensioni politiche permettendo.