Ieri, il Tesoro ha annunciato l’affidamento a un pool di banche del compito di collocare sul mercato un nuovo BTp “benchmark” a 10 anni con scadenza 1 agosto 2031 e un BTp€i a 30 anni, scadenza 15 maggio 2051. Il secondo ha attirato la nostra attenzione, trattandosi di un bond particolare. Esso ha una durata trentennale, per cui si tratta di una scadenza ultra-lunga, e al contempo offre un rendimento legato all’inflazione dell’Eurozona, al netto della componente tabacchi.
Il BTp€i non è certo una novità nel panorama obbligazionario sovrano italiano.
In queste settimane, il tema della reflazione preoccupa i mercati. L’uscita graduale dalla crisi economica scatenata dalla pandemia nel 2020 e le prospettive di un “reshoring” globale stanno accendendo i fari sulla brusca ripresa dell’inflazione, come testimoniano d’altra parte i dati di gennaio. Nell’Eurozona, i prezzi su base annua sono cresciuti dello 0,9%, quando a dicembre erano scesi dello 0,3%. Era da oltre un decennio che non si verificava un passaggio così repentino.
BTp€i 2030: questo bond ci regalerà soddisfazioni anche se l’Italia andasse male
Un bond per proteggere il futuro
Stimare il tasso d’inflazione nel lunghissimo periodo non è possibile e qualsiasi previsione sarebbe poco credibile. L’unico ancoraggio che abbiamo è il target della BCE, “vicino, ma di poco inferiore al 2%”. Nei prossimi mesi, esso dovrebbe essere meglio definito per fornire ai mercati un messaggio più semplice.
Partiamo da un dato: il BTp a 30 anni offre oggi l’1,45%. Se dovessimo sottrarre a tale rendimento il tasso prevedibile d’inflazione, come da BCE, dovremmo concludere che il titolo risulterebbe appetibile a partire da un rendimento reale in area -0,50%. Ma emettere un BTp€i a 30 anni con rendimenti così negativi non sembra una opzione possibile per il Tesoro italiano, specie in una prospettiva di rialzo dei tassi nei prossimi anni. Tutt’al più, dovremmo aspettarci un’emissione alla pari e con cedola minima garantita nulla. Così facendo, l’inflazione definirebbe automaticamente e per intero l’entità della cedola, oltre che la rivalutazione del bond nominale.
Per chi punta a investire nel lungo periodo e ha, quindi, la necessità di tutelare il proprio capitale da possibili perdite del potere di acquisto, questo titolo appare molto interessante. I fondi pensione, che hanno l’esigenza di guardare proprio a una prospettiva trentennale per mettere a frutto i risparmi dei clienti e che in questi mesi trovano molto difficile inserire in portafoglio assets sufficientemente remunerativi e al contempo poco rischiosi, dovrebbero figurare tra i più diretti interessati all’emissione. Ma anche tra gli stessi investitori individuali sarà importante ripararsi dal rischio reflazione con un bond apposito, tenendo presente che i rendimenti dei bond con cedola fissa di questi tempi non proteggono da tale scenario avverso.
L’inflazione ritorna nell’Area Euro e per i bond sarebbe una brutta notizia, forse non per i BTp