Nel corso della seduta di venerdì, il Bund decennale ha superato la soglia di rendimento del 2% per la prima volta dal 2013. Nel primo pomeriggio, puntava già verso 2,05%. Se pensiamo che all’inizio dell’anno il titolo tedesco offriva ancora un rendimento sottozero, capiamo l’impatto che ciò sta avendo sui mercati finanziari. E non è casuale che questo movimento sia contestuale al tracollo dell’euro, che contro il dollaro segna i minimi dal 2002. Gli indici di manifattura, servizi e composito a settembre sono risultati ulteriormente in calo nell’Eurozona, ai livelli più bassi da molti mesi.
Il Bund decennale sopra il 2% segna una svolta sui mercati. Questa è anche la soglia di riferimento per l’inflazione-obiettivo della BCE. In un certo senso, gli investitori stanno dicendoci che persino per i titoli di stato più sicuri dell’Eurozona reclamano tassi reali non negativi. E non è poco per un’area “drogata” nell’ultimo decennio dai tassi negativi della BCE.
Bund trainati dai rendimenti americani
Peraltro, una conseguenza ovvia del Bund decennale al 2% consiste nella risalita del rendimento italiano sopra il 4%. Era al 4,30% nella giornata di venerdì. Probabilmente, senza gli acquisti BCE sarebbe già prossimo al 5%. E non c’è la sola inflazione a trainare al rialzo i rendimenti sovrani. I governi europei sono tutti intenti a placare il caro bollette per evitare il fallimento del sistema produttivo e le difficoltà estreme per le famiglie durante l’inverno. Ciò presuppone il ricorso all’indebitamento in una fase di contrazione della liquidità sui mercati.
Il mix tra inflazione, tassi d’interesse e debiti in aumento si riflette necessariamente in rendimenti più alti.