La crisi di governo in Germania è lungi dal concludersi. La cacciata dei ministri liberali da parte del cancelliere Olaf Scholz ha precipitato la Germania alle elezioni anticipate, molto probabilmente a marzo. Prima serve per Costituzione un voto di sfiducia del Bundestag, che su pressioni delle opposizioni e persino dei media tedeschi arriverebbe ben prima del 15 gennaio prospettato dal capo dell’esecutivo. Questi ha aperto a una discussione “prima di Natale”. E i rendimenti dei Bund, che restano i più bassi nell’Eurozona, qualche segnale di nervosismo lo iniziano a dare.
Instabilità politica in Germania
Il governo tedesco è caduto sui dissidi interni all’ormai ex maggioranza “semaforo” sul bilancio per il 2025. L’ex ministro delle Finanze e capo dei liberali, Christian Lindner, aveva presentato un piano per il rilancio dell’economia diametralmente opposto a quello dei partner socialdemocratici e, soprattutto, dei Verdi. Improbabile che il Bundestag sia in grado di licenziare il nuovo bilancio prima delle elezioni. Questo prelude all’esercizio provvisorio, che nei fatti implica il “congelamento” della spesa pubblica nei primi mesi dell’anno prossimo.
L’ipotesi in sé non sarebbe affatto traumatica. Tuttavia, in una fase come questa servono certezze su quali saranno le prossime linee di politica economica. Il Pil in Germania arretra da due anni, l’industria tedesca è stata colpita dalla crisi dell’energia e dalla chiusura progressiva dei mercati in Oriente. Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca prospetta dazi a carico delle merci europee, ragione per cui non ci sarebbe tempo da perdere. Invece, l’instabilità politica rischia di proseguire dopo le elezioni. I conservatori all’opposizione le vinceranno con ogni probabilità, ma privi di una maggioranza autonoma. Serviranno settimane, se non mesi di trattative e possibilmente con altri due partiti: socialdemocratici e Verdi, in primis.
Segnali di nervosismo sui mercati
In pratica, a Berlino c’è un rischio paralisi a lungo termine.
Nella mattinata di oggi, i rendimenti dei Bund a 10 anni si aggiravano in area 2,32% contro il 2,31% dell’IRS a 10 anni. Il restringimento dello spread è andato chiudendosi nelle ultime settimane. Tanto per fare un esempio, un anno fa i primi offrivano poco più del 2,70% e i secondi poco meno del 3,30%. Vi era uno spread di quasi mezzo punto percentuale in favore dei titoli del debito tedesco. Se andiamo, invece, a monitorare i CDS a 5 anni, che garantiscono contro il rischio di default, calma piatta. La Germania è percepita come un debitore molto solido, grazie al suo indebitamento di poco superiore al 60% e ad una politica fiscale ostinatamente conservativa.
Rendimenti Bund al test dei rating
Ciò non toglie che sia accaduto un fatto a suo modo clamoroso. E potrebbe essere l’inizio di un trend ben più negativo per la Germania. Le agenzie di rating suoneranno la sveglia nei prossimi mesi? Il debito tedesco vanta il rating tripla A, ma c’è la possibilità che almeno uno dei principali istituti tra S&P, Fitch e Moody’s tagli l’outlook a “negativo”, prospettando un possibile, futuro declassamento. I rendimenti dei Bund continuerebbero a salire, anche se non necessariamente ciò porterebbe a uno restringimento degli spread con il resto dell’Eurozona. Perché se crescessero i dubbi sulla solvibilità tedesca, altrove andrebbe ancora peggio. Le altissime valutazioni di Berlino fungono da ombrello per tutti gli altri debiti dell’area, tramite emissioni comuni come per il Next Generation EU.