Buon inizio d’anno per i titoli di stato italiani, ma lo spread resta invariato

Esordio positivo per i titoli di stato italiani, i cui rendimenti crollano nel corso della prima seduta del 2023. Ma lo spread non arretra.
2 anni fa
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BTp 15 anni, successo al collocamento sindacato
BTp 15 anni, successo al collocamento sindacato © Licenza Creative Commons

L’anno nuovo è partito col piede giusto sui mercati finanziari. Se l’intonazione delle borse europee è subito stata positiva, lo stesso dicasi per i titoli di stato. Man mano che le contrattazioni avanzavano nel corso della prima seduta del 2023, i rendimenti sono scesi. A metà giornata, il BTp a 10 anni offriva il 4,55%, molto meno del 4,70% a cui aveva chiuso il 2022. Allo stesso tempo, però, lo spread BTp-Bund è rimasto sostanzialmente invariato in area 212 punti base o 2,12%. Anzi, c’è persino stato un leggerissimo aumento, comunque il segno che le distanze con i titoli di stato tedeschi non si stiano riducendo.

Non siamo in presenza di alcun paradosso. Il Bund a 10 anni offre il 2,43% mentre scriviamo, anch’esso giù dal 2,56% di venerdì scorso. Questo significa che sta trascinando al ribasso i rendimenti nell’intera Eurozona. La ragione di questo calo marcato sarebbe legata alla diffusione dei dati sul PMI manifatturiero a dicembre. In Germania, sono risultati inferiori alle stime, pur in rialzo su novembre. In Italia, siamo passati dai 48,4 punti di novembre a 48,5. A parte la leggera risalita, il dato si è mostrato superiore a quello dell’Eurozona, passato da 47,1 a 47,8 punti.

Titoli di stato su con rischio recessione e gas

Sotto 50 punti, l’attività economica è in contrazione. Dunque, il quadro che va delineando è sempre più recessivo. Probabile, però, che abbia ragione la Banca Centrale Europea (BCE) quando parla di recessione “contenuta”. Questo scenario da un lato spinge il mercato a tornare a comprare titoli di stato per via della crescente avversione al rischio, dall’altro lo tiene lontano dall’area del continente più indebitata. Soltanto una recessione profonda che sia captata da dati macro pesantemente negativi sarebbe potenzialmente capace di ridurre drasticamente i rendimenti sulle attese di un deflazionamento veloce nell’area, che a sua volta ponga fine alla stretta sui tassi d’interesse.

Ciò avrebbe effetto anche sullo spread, dato che una BCE meno restrittiva rappresenterebbe una buona notizia per i paesi con debito pubblico più alto.

C’è un’altra notizia che va a favore dei titoli di stato oggi. Arriva stavolta dalla borsa olandese, dove si scambiano i TTF, i titoli del gas. Prezzi scesi a 73 euro per Mega-wattora, il livello più basso dal 21 febbraio scorso, cioè da prima che la Russia invadesse l’Ucraina. Questo significherebbe che il mercato non stia più tremando per le ripercussioni belliche. Anzi, non crederebbe neppure tanto alle minacce di Vladimir Putin sul taglio delle forniture all’Europa per via del “price cap” imposto a gas e petrolio russi. Lo “sgonfiamento” delle quotazioni delle due materie prime contribuirà a disinflazionare l’economia nell’Eurozona. Un dato sull’inflazione in forte calo a dicembre e gennaio spingerebbe la BCE a procedere con i piedi di piombo più di oggi sulla stretta monetaria, a tutto vantaggio dei titoli di stato.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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