Anche nel mese di agosto l’inflazione italiana ha registrato un calo tendenziale. Secondo l’Istat, i prezzi al consumo nel nostro Paese sono cresciuti in media del 5,5%, giù dal +5,9% di luglio. Si è trattato del quarto calo consecutivo. Adesso, la crescita annuale risulta essere meno che dimezzata rispetto all’apice toccato nell’ottobre e nel novembre scorso, quando raggiunse l’11,8%. Non è l’unico dato positivo della carrellata di numeri pubblicati ieri. L’inflazione di fondo o “core”, al netto di energia e generi alimentari, ha rallentato anch’essa il passo a +4,8% dal +5,2% di luglio.
E’ importante seguire la dinamica dell’inflazione di fondo, perché essa ci consente di capire quale sia l’andamento dei prezzi all’infuori del comparto più volatile del paniere e che è stato all’origine dell’esplosione dei prezzi nell’ultimo anno e mezzo. In effetti, i beni energetici non regolamentati hanno visto salire i prezzi del 5,7% contro il 7% del mese precedente. Niente a che vedere con i ritmi del +30/40% all’apice della crisi dell’energia. In poche parole, l’inflazione italiana starebbe sgonfiandosi nel suo complesso e non solo per la normalizzazione del comparto energetico.
Aumento tassi BCE non scongiurato a settembre
Tra le altre buone notizie c’è che il famoso carrello della spesa sale per la prima volta dopo molti mesi sotto il 10%, segnando +9,6%. Trattasi di generi alimentari, prodotti per la cura della casa e della persona. Ma per quanto riguarda l’inflazione italiana esiste un neo: la crescita mensile dei prezzi torna ad accelerare in misura brusca. A luglio la variazione dell’indice dei prezzi era stata sostanzialmente nulla, ad agosto si porta allo 0,4%. Completa il ragionamento il confronto con il dato medio dell’Eurozona. E qui veniamo alle note dolenti. Nell’insieme dell’unione monetaria, l’inflazione ad agosto è rimasta stabile al 5,3%.
Nel dettaglio, i prezzi in Francia sono cresciuti del 4,8% contro il 4,3% di luglio, in Spagna del 2,6% contro il 2,3% e in Germania del 6,1% contro il 6,2%.
Modello tedesco in tilt
La persistenza dell’inflazione tedesca è il dato più preoccupante. La Germania è prima economia continentale e più alto sarà il suo ritmo di crescita dei prezzi, maggiore la pressione su Francoforte per procrastinare la stretta monetaria. Il modello tedesco sta andando in tilt tra stop alle importazioni di gas russo e accorciamento in corso delle catene di produzione per via delle tensioni geopolitiche. Ne consegue un mix tra alta inflazione e recessione economica.
Dal nostro punto di vista, l’inflazione italiana sta convergendo sempre più alla media dell’Eurozona. Pensate che nel novembre scorso essa risultò essere del 2,4% sopra il dato medio dell’area. Quello fu il massimo della divergenza registrato in questa fase. Per il terzo mese consecutivo, invece, ad agosto il gap è sceso sotto l’1% e adesso risulta solamente dello 0,2%, ai livelli minimi da undici mesi. Infatti, nel settembre dello scorso anno l’inflazione italiana era ancora dell’1% più bassa della media nell’Eurozona.
Inflazione italiana converge a media Eurozona
E’ importante che questo gap si azzeri e finanche che diventi negativo per noi. Se l’inflazione italiana resta persistentemente sopra i livelli medi nell’area, significa che la nostra economia sta perdendo competitività. Nel decennio pre-Covid, accadde che essa risultò stabilmente sotto la media e, infatti, l’economia italiana guadagnò gran parte della competitività che aveva perso nei decenni precedenti.
L’aspetto meno lusinghiero di avere eventualmente un’inflazione italiana sotto la media consisterebbe nel subire una politica monetaria più restrittiva di quanto non servirebbe alla nostra economia. Per il momento è motivo di soddisfazione che, a seguito della crisi energetica, l’Italia stia registrando una crescita dei prezzi inferiori alla Germania. Non fu così che andò negli anni Settanta e Ottanta. Evidentemente, la stretta della BCE si rivela più efficace da noi che non presso la principale economia dell’area. La contrazione, infine, segnalerebbe anche una crisi dei consumi in corso. Nel secondo trimestre, il PIL italiano segnava già un calo dello 0,3% dal +0,6% nel primo trimestre.