Di Buoni fruttiferi postali abbiamo scritto più volte negli ultimi mesi, raccontandovi delle vicende giudiziarie che vedono contrapposti i risparmiatori a Poste Italiane sulla metodologia di calcolo degli interessi. Al di là di questi aspetti, sappiamo tutti che questi strumenti d’investimento siano ormai poco allettanti da svariati anni. Siamo lontanissimi dai tempi in cui bisognava aspettare da 5 a 7 anni per vedere il capitale raddoppiato e tra 7 e 11 anni per averlo triplicato. Del resto, il mondo in cui viviamo non è più lo stesso.
Detto ciò, i Buoni fruttiferi postali sono diventati fin troppo avidi anche in relazione ai titoli di stato. Prendete il BTp a 10 anni. Ad agosto dello scorso anno, era arrivato a rendere poco più dello 0,50% lordo. Oggi, si aggira in prossimità del 2%. Se guardiamo a una scadenza più corta, come può essere quella dei 5 anni, notiamo che siamo passati da 0 a oltre l’1%. Nel frattempo, invece, i Buoni fruttiferi postali non si sono mossi. D’altronde, i rendimenti dei BTp sono dinamici, variano di momento in momento sul mercato a seguito delle compravendite avvenute tra privati, mentre le emissioni di Cassa depositi e prestiti avvengono cadenzate e si muovono più lentamente.
Buoni fruttiferi postali prossimi al rialzo degli interessi?
E così, abbiamo che il Buono 3 x 4 offre fino a un massimo dello 0,50% all’anno, a fronte di una durata massima di 12 anni. Il Buono 4 x 4, che arriva fino ai 16 anni, sale appena allo 0,75%. Peggio fa il Buono ordinario con solo lo 0,25%. Per sperare in un tasso d’interesse realmente appetibile dobbiamo guardare al Buono dedicato ai minori, che arriva ad offrire il 2,5% nel caso di intestazione a un neonato fino al giorno in cui diventi maggiorenne.
Per quanto detto, è immaginabile pensare che i Buoni fruttiferi postali diverranno più generosi alle prossime emissioni. CDP dovrà necessariamente aumentare i tassi d’interesse offerte, così come le banche sui conti deposito vincolati. Altrimenti, le famiglie non avrebbero alcuna ragione per portare il proprio denaro alla posta o in banca. Con un’inflazione vicina al 5% a gennaio, i tassi reali offerti si rivelano molto negativi, cioè il risparmio è remunerato molto meno di quanto esso perda in potere d’acquisto. A questo punto, tanto vale spenderlo, anziché “regalarlo” a terzi. Questione di tempo e sentiremo parlare di ritocchi all’insù. Sarebbe ora!