Buoni fruttiferi postali di Poste Italiane: significato CPFR, durata, capitalizzazione semplice e composta

Ecco tutte le informazioni sul significato CPFR, la durata, la capitalizzazione semplice e composta dei buoni fruttiferi postali di Poste Italiane.
7 anni fa
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I buoni fruttiferi postali di Poste Italiane sono “buoni” in qualsiasi momento. Essi infatti non hanno spese di collocamento, di gestione e di rimborso. Inoltre è possibile richiedere il rimborso del capitale investito in qualsiasi momento ed hanno una tassazione agevolata al 12,50%. Ci si chiede però cosa significa la clausola CPFR, quale è la loro durata e la differenza tra capitalizzazione semplice e composta. Ecco le info in merito.

Buoni fruttiferi postali di Poste Italiane: significato clausola CPFR

I buoni fruttiferi postali sono una forma di investimento sicura perché garantita dallo Stato Italiano.

Essi sono emessi in due modalità: cartacea e dematerializzata. Nel primo caso colui che li sottoscrive riceve un titolo cartaceo che deve conservare gelosamente per richiedere il rimborso sia alla scadenza che in anticipo. La modalità dematerializzata, invece, è quella rappresentata da una scrittura contabile che viene effettuata su di un conto di regolamento. A colui che lo sottoscrive, quindi, non viene fornito nulla di cartaceo in quanto tutte le operazioni (rimborso a scadenza o anticipato, accredito) avvengono sul conto di regolamento ovvero conto corrente BancoPosta o Libretto di Risparmio Postale (che devono avere la medesima intestazione del buono).

Per quanto concerne la clausola “CPFR” essa sta a significare “con pari facoltà di rimborso”. Ma cosa significa nello specifico? La risposta è che ogni cointestatario del bfp può richiedere il rimborso del buono presentando al momento della richiesta il titolo cartaceo.

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Bfp di Poste Italiane: durata, capitalizzazione semplice e composta

I buoni fruttiferi postali hanno una durata di 20 o 30 anni. La durata più lunga si riferisce a quelli emessi fino al 27 dicembre 2000 della serie Z. Quelli emessi dopo, dalla serie A1 in poi, durano vent’anni. La differenza è che i primi maturano gli interessi al 31 dicembre dell’anno solare in cui scade il titolo mentre quelli ventennali cessano di esistere alla scadenza del ventesimo anno.

Infine mentre per i primi gli interessi maturano “in regime di capitalizzazione composta” nei primi venti anni e poi in “regime semplice” per i restanti dieci anni, per i secondi la capitalizzazione è sempre composta.

Ricordiamo che gli interessi maturati nella capitalizzazione semplice resta distinto dal capitale e si aggiungono ad esso soltanto alla fine. In quella composta, per operazioni a lunga e a breve scadenza, il tempo di impiego viene suddiviso in periodi che solitamente durano un anno e alla scadenza di ognuno di essi, viene fatto il calcolo degli interessi semplici riguardanti il periodo trascorso e tali interessi vengono aggiunti al capitale. In questo modo si ottiene un nuovo capitale fruttifero più alto. Tale legge viene anche chiamata “capitalizzazione degli interessi”.

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alessandradibartolomeo

Da novembre 2016 fa parte della redazione di InvestireOggi curando la sezione Risparmio, e scrivendo su tematiche di carattere politico ed economico. E’ Giornalista pubblicista iscritta all'ODG della Campania.
Dopo una formazione classica, l’amore per la scrittura l’ha portata già da più di dieci anni a lavorare nell’ambiente del giornalismo. Ha collaborato in passato con diverse testate online, trattando temi legati al risparmio e all’economia.

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