Buoni Fruttiferi Postali: rendimento certo contro la crisi

Aumentano le sottoscrizioni presso le Poste dei tradizionali titoli di risparmio. Secondo i dati della Banca d’Italia le famiglie italiane sottoscrivono meno Bot e più buoni postali con tendenza in forte aumento
13 anni fa
3 minuti di lettura
Obbligazioni perpetue di Poste Italiane

MENO BOT E INVESTIMENTI IMMOBILIARI E PIU’ BUONI FRUTTIFERI DI POSTE ITALIANE  – La crisi che si è abbattuta sul nostro paese, condita amaramente dalle purghe della manovra finanziaria di Monti e di quella di Tremonti, sta allontanando poco alla volta i risparmiatori dai mercati obbligazionari e dei titoli di stato per rifugiarsi sui risparmi postali. Anche il classico mattone, considerato il bene rifugio per eccellenza, pur restando l’investimento prediletto degli italiani, ha perso appeal soprattutto a causa degli elevati costi di gestione degli immobili e dalla recente introduzione dell’IMU.

(Ici prima casa: manovra Monti, arriva l’Imu). Questo è in sostanza il quadro dipinto dalla Banca d’Italia per l’anno che si sta chiudendo e che ha messo in evidenza come le paure amplificate dai media e dalla stampa comune stiano cambiando radicalmente le abitudini dei risparmiatori italiani, tradizionalmente affezionati ai titoli di stato e ai Bot. Lo scorso anno – rileva Bankitalia – la quota di ricchezza detenuta in titoli pubblici dagli italiani si è ridotta dell’1% rispetto all’anno precedente, quella in depositi e in risparmio postale (buoni fruttiferi e obbligazioni bancoposta) è invece salita dello 0,4%. Tradotto in soldoni, si tratta di circa 16 miliardi di euro che sono usciti dai titoli di stato e di 6 miliardi in più che sono finiti nei buoni fruttiferi e nelle altre forme di risparmio postali. La differenza è stata erosa dal fisco e dalle spese ordinarie. Una tendenza che però è andata ad accentuarsi quest’anno dove le Poste hanno giocato un ruolo di primo piano rispetto alle banche nella raccolta dei risparmi che sono fuoriusciti dai conti deposito, sonoramente bastonati da tasse e balzelli.

 

RENDIMENTO BUONI FRUTTIFERI POSTALI INFERIORE A QUELLO DI BOT E BTP 

Il cavallo di battaglia tradizionale delle Poste è rappresentato dai buoni fruttiferi postali, titoli emessi dalla Cassa Depositi e Prestiti, garantiti dallo Stato e collocati in esclusiva da Poste Italiane.

I buoni fruttiferi, qualunque sia la tipologia (ordinari, indicizzati, a tasso fisso, fisso più variabile, ecc.) garantiscono sempre la restituzione del capitale investito e gli interessi maturati. Si tratta per lo più di strumenti semplici e molto trasparenti – osserva Luca Perregrini, funzionario di Bancoposta – che, pur offrendo rendimenti inferiori a quelli dei Bot o dei BTP, non si trovano al centro del turbine finanziario che sta coinvolgendo i titoli di stato in generale di cui ogni giorno si sente parlare male in televisione e sui giornali. Dati alla mano, lo scorso anno i depositi bancari hanno perso 22 miliardi di euro (da 675 a 673) e altri 30 solo nei primi nove mesi del 2011 rispetto al 2010, mentre il risparmio postale è salito da 310 a 322 miliardi di euro lo scorso anno di cui solo 25 miliardi sono giacenti sui conti correnti, il resto è in buoni fruttiferi, obbligazioni postali e libretti nominativi o al portatore.

 

BUONI FRUTTIFERI COMMISSIONI ZERO E TASSE BASSE 

Secondo una stima di Bankitalia (i dati definitivi saranno resi noti più avanti), il 2011 dovrebbe chiudersi con un incremento del 3-4% di sottoscrizione di buoni fruttiferi postali, rispetto al 2010. A spingere i risparmiatori verso questa forma di investimento sono state essenzialmente le riforme legislative che hanno interessato direttamente il risparmio delle famiglie, come il mantenimento della tassazione al 12,50% degli interessi su buoni postali che a partire dal 2012 saliranno al 20% per tutti gli altri prodotti finanziari (esclusi i titoli di stato), e l’abbassamento della soglia di circolazione del contante a 1.000 euro che sta spingendo verso la chiusura di migliaia di libretti postali al portatore favorendo la sottoscrizione dei buoni fruttiferi postali indicizzati all’inflazione. I BPFi sono diventati infatti lo strumento preferito dei correntisti postali e delle famiglie italiane che spesso, soprattutto nei piccoli paesi dove non è presenta la filiale della banca, si rivolgono all’ufficio postale per affidare i loro risparmi dall’inflazione e dal carovita (a differenza degli altri strumenti finanziari, la sottoscrizione dei buoni fruttiferi non comporta commissioni).

E’ infatti proprio la rete capillare degli uffici postali, composta da 14.000 sportelli in tutta Italia, il punto di forza di Poste Italiane.

 

IMPOSTA DI BOLLO BUONI FRUTTIFERI POSTALI ESCLUSI? 

Ma v’è di più. I buoni fruttiferi postali, non essendo collegati a un deposito titoli, dovrebbero essere esentati anche dalla nuova imposta di bollo che dal prossimo anno andrà a colpire gli strumenti finanziari nella misura complessiva dello 0,10% dei depositi. Il condizionale è d’obbligo poiché il recente decreto del governo Monti non ha chiarito se l’imposta sarà applicata o meno anche a questa forma di investimento, parlando genericamente di “tutti gli strumenti finanziari”, ma alcuni esperti hanno già detto che sarà praticamente impossibile estendere l’imposta di bollo anche ai buoni postali e, non essendoci precedenti, non si può sapere se e come sarà applicata la nuova tassazione. L’urgenza del provvedimento sta generando molta confusione fra i risparmiatori italiani, confusione che potrà risolversi solo con chiarimenti nel decreto stesso in fase di approvazione in Parlamento o, più probabilmente, con una circolare dell’Agenzia delle Entrate. Tuttavia – commenta un funzionario della direzione finanziaria del Bancoposta di Milano – in un momento come quello attuale, caratterizzato da una forte instabilità dei mercati finanziari, ai risparmiatori sembra importare poco di questa nuova imposta, quello che conta è mettere al sicuro i propri risparmi e puntare su strumenti che offrono un rendimento sicuro, anche se non particolarmente elevato, alleggerendo al contempo i depositi presso le banche che potrebbero anche ritrovarsi in crisi di liquidità se la crisi dovesse peggiorare.

 

THREAD DEL NOSTRO FORUM SULLO STESSO TEMA:

DAL RESTO DI INVESTIREOGGI 

Mirco Galbusera

Laureato in Scienze Politiche è giornalista dal 1998 e si occupa prevalentemente di tematiche economiche, finanziarie, sociali

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Articolo precedente

Asta BTP 2016, rendimento al 6,5%

Articolo seguente

Regime minimi: modifiche 2011 del regime agevolato