I Buoni fruttiferi postali attirano il risparmio degli italiani da quasi 100 anni e nei decenni passati, quando garantivano tassi d’interesse nominali allettanti, riscossero un enorme successo tra le famiglie. Oggi, alcuni di loro sono oggetto di battaglie legali, che vede contrapporsi centinaia di risparmiatori a Poste Italiane dinnanzi all’Arbitro bancario finanziario. La diatriba riguarda la serie Q/P emessa dall’istituto a partire dal luglio 1986 e che all’atto del rimborso avrebbe remunerato i risparmiatori meno di quanto garantito al tempo.
Poste Italiane si difende, richiamando il Codice postale del 1973, che le assegnava la possibilità di modificare gli interessi retroattivamente e anche in peggio. E i Buoni fruttiferi postali della serie P avrebbero finanche erogato il 3% all’anno in meno di interessi rispetto al 9-15% variabile calcolato ogni 3-5 anni sulle serie precedenti e il cui ammontare dipendeva anche dall’entità dell’investimento, da 50.000 a 5 milioni di lire per buono.
Buoni fruttiferi postali 3 x 2, tasso d’interesse da sogno di questi tempi
Nel 1999, il Decreto legislativo 284 all’art.7 ha posto fine alla possibilità per Poste Italiane di modificare in peggio gli interessi sui Buoni fruttiferi, fatti salvi i rapporti instaurati prima dell’entrata in vigore del decreto stesso. Tutto lascerebbe supporre, quindi, che i risparmiatori non avrebbero più alcuna possibilità di rivalsa nei confronti dell’istituto, ma più di uno spiraglio si apre con riferimento alla serie P. Il 13 giugno di quell’anno, infatti, era stato emesso un Decreto Ministeriale, che prevedeva l’emissione della serie Q dall’1 gennaio 1987 e fino ad esaurimento la serie P a interessi ridotti (come per la successiva serie Q), che dall’1 luglio successivo avrebbe dovuto prevedere l’apposizione di due timbri da parte di Poste: uno sulla parte anteriore con la dicitura Q/P e un altro sulla parte posteriore con la dicitura Q/P e i nuovi tassi d’interesse.
Le omissioni della serie Q/P
E qui si scatena lo scontro tra le parti. In molti casi, pare che Poste non abbia apposto entrambi i timbri, omettendo quello recante i nuovi (più bassi) tassi d’interesse. E sulla parte posteriore, in molti casi il timbro indicava solamente gli interessi corrisposti fino al 20-esimo anno, non anche quelli tra il 21-esimo e il 30-esimo. Ne consegue che esisterebbero due tipi di omissioni: l’assenza del timbro con gli interessi modificati al ribasso e l’assenza dell’indicazione degli interessi corrisposti dopo il 20-esimo anno. Ciò significa che i risparmiatori sarebbero stati tratti in errore, poiché ritennero al tempo che avrebbero avuto diritto agli stessi interessi indicati con riferimento alle serie precedenti, quando l’inflazione e i tassi offerti erano più alti.
Come muoversi se si posseggono vecchi Buoni fruttiferi postali? Per quelli acquistati tra il 1973 e prima del giugno 1986, con ogni probabilità non si avrà diritto ad alcun rimborso, in quanto le modifiche peggiorative degli interessi risultavano giustificate dal Codice postale del 1973. Se si posseggono buoni emessi dopo il 13 giugno 1986, bisogna fare attenzione all’apposizione di entrambi i timbri e alle relative diciture. Se mancasse un timbro Q-P e/o se sulla parte posteriore gli interessi indicati arrivassero solo al 20-esimo anno, molto probabile che si otterrà una sentenza favorevole dell’Arbitro bancario finanziario. Chiaramente, meglio farsi assistere da un professionista prima di fare ricorso. E si consideri che il discorso vale anche per quanti abbiano già riscosso gli interessi, perché il ricorso è possibile entro 10 anni.
Buoni fruttiferi postali 3 x 4, qual è il vero rendimento e confronto con BTp