La legge di Stabilità 2015 ha portato delle modifiche sostanziali al TUIR e dal 1 luglio 2015 la soglia di defiscalizzazione dei buoni pasto è passata dai 5,29 euro a 7 euro, limitatamente ai buoni pasto elettronici. Per i buoni pasto cartacei il valore resta invariato. A differenza delle spese di vitto e alloggio che sono deducibili al 75%, per l’azienda i buoni pasto rappresentano un vantaggio poiché sono deducibili al 100%, ma rappresentano un vantaggio anche per il lavoratore poiché l’importo dei buoni pasto è esentasse.
In Italia con il tempo i buoni pasto sono diventati il modo per
pagare la spesa alimentare, e non, nei supermercati, ma per loro natura i buoni pasto non sono
cedibili, cumulabili o commercializzabili, ma la prassi ha fatto in modo che in Italia diventasse normale pagare la spesa al supermercato firmando decine di buoni pasto. Per legge il
buono pasto può essere speso al supermercato, ma nella misura di uno solo per volta, nella pausa pranzo e solo per la spesa alimentare. Praticamente essendo il buono pasto l’indennizzo per la mancanza di una mensa aziendale, esso va speso per pagare il pranzo del dipendente. Ovviamente ognuno, poi, può decidere di mangiare il pranzo portato da casa e utilizzare il buono pasto per pagare la spesa alimentare. Nessuno vieta questo utilizzo dei buoni pasto ma limitatamente a uno al giorno e spendibile soltanto nei giorni lavorativi se non nella pausa pranzo. Nelle prossime pagine analizzeremo cosa accade con i buoni pasto in Italia, quando i buoni pasto sono cumulabili e cosa cambia effettivamente a partire dal 1 luglio 2015.