Un risparmiatore cointestatario insieme al padre defunto di un buono fruttifero postale del valore di 2.000.000 lire si è rivolto all’Arbitro Bancario Finanziario perché il valore di rimborso riconosciuto presso lo sportello dall’intermediario era più basso rispetto a quello che sarebbe fuoriuscito applicando i rendimenti indicati nella tabella stampata dietro al titolo. Ecco le info in merito e la decisione del Collegio.
La storia
Un risparmiatore cointestatario insieme al defunto padre di un bfp della serie Q del valore di 2.000.000 lire si è lamentato perché Poste Italiane gli ha riconosciuto un rimborso inferiore a quello che sarebbe risultato dall’applicazione dei rendimenti indicati nella tabella stampata dietro al retro del titolo.
I dettagli forniti dall’intermediario
Il buono in questione è stato emesso il 14 marzo 1989 ed era della serie ordinaria contraddistinta dalla lettera Q che era quella in vigore dal 1° luglio 1986 al 31 ottobre 1995. Il titolo, poi, era stato sottoscritto sul modulo cartaceo fornito dallo Stato ed i redimenti che erano indicati dietro ad esso corrispondevano a quelli dalla tabella allegata al D.M per il taglio di specie. Essi sono stati calcolati, infatti, in base ad un interesse composto per i primi 20 anni e ad uno semplice (al tasso massimo raggiunto) per ogni bimestre maturato dopo i 20 anni e fino al 31 dicembre del 30° anno dopo l’emissione.
La differenza constatata dal risparmiatore, comunica l’intermediario, era riconducibile all’applicazione delle ritenuta fiscale secondo quanto stabilito dal D.L numero 556 del 19 settembre 1986 che istituiva la parte erariale. Con esso, infatti, i bfp sono stati assoggettati ad una ritenuta fiscale sugli interessi maturati (ritenuta del 12,50%) mentre solo quelli maturati sui buoni emessi fino al 20 settembre 1986 erano esenti da tale ritenuta.
La decisione del Collegio
Il Collegio di Bologna, ecco il link della sentenza, ha rilevato che dalla documentazione fornita non è emersa alcuna evidenza che il risparmiatore abbia riscosso il titolo essendosi limitato a contestarne il valore di rimborso indicato dall’intermediario anche se solo inerente ad un importo determinato.
Infine l’Arbitro ha enunciato che la parte resistente si è difesa comunicando che quanto richiesto dal ricorrente era dovuto all’applicazione della normativa fiscale. In questi casi di solito l’orientamento dei Collegi Abf considera il ricorso ammissibile anche se c’è mancanza di preventiva riscossione dei titoli in controversia purché essi siano scaduti.
La parte resistente, però, si è difesa comunicando che la differenza di rendimento era da additarsi alla normativa fiscale. Nel dettaglio gli interessi maturati sui titoli dal 1° settembre 1987 al 23 giugno 1997 erano assoggettati ad una ritenuta del 12,50%. Dopo il 1° gennaio 1997 c’è stata l’imposta sostitutiva del 12,50%. Da ciò è derivata l’incompetenza ratione materiae dell’Arbitro ( riguardante la verifica dell’esatta applicazione della normativa fiscale da parte dell’intermediario come già avvenuto in un caso simile a Napoli con decisione numero 7071/16). Per tali motivi, quindi, ha dichiarato il ricorso inammissibile.
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