La quantità di denaro depositata in banca o alla posta in Italia è relativamente elevata, frutto di decenni di risparmi delle famiglie e tanta saggezza popolare. Tuttavia, con l’inflazione che sale ai massimi da almeno 30 anni, la ricerca di prodotti in cui investire diventa essenziale per non soccombere al carovita. Il Buono fruttifero postale è tipicamente uno dei prodotti più apprezzati nel nostro Paese, seppur oggi molto meno degli anni Settanta, Ottanta e Novanta. Il calo degli interessi offerti lo ha reso poco appetibile negli ultimi tempi.
In molti di noi confondono o non hanno ben chiara la differenza tra un Buono fruttifero postale e un Buono del Tesoro (BTp). Per certi versi, sono simili, mentre per molti altri è bene capirne le caratteristiche salienti. Se i BTp sono titoli di stato, vale a dire emessi dal Ministero di economia e finanze, il Buono fruttifero postale è un titolo del debito emesso dalla Cassa depositi e prestiti (CDP). Contrariamente a quanto lascerebbe supporre il nome, infatti, il debitore non è Poste Italiane, che semmai si limita a distribuire il prodotto tra i suoi milioni di clienti sparsi in ogni angolo d’Italia.
CDP è un ente controllato dal Tesoro per l’82,77%, per il resto gli azionisti sono le Fondazioni bancarie. E’ definito spesso la “longa manus” del governo nell’industria e nella finanza italiana. Un soggetto pubblico, quindi, ma formalmente non è lo stato. E per questo motivo, le obbligazioni che emette sul mercato offrono generalmente rendimenti più alti dei BTp. Essi scontano un rischio di credito appena superiore a quello sostanzialmente nullo, in teoria, per i titoli di stato. Non lo stesso dicasi per il Buono fruttifero postale, trattandosi di titoli con caratteristiche peculiari come vedremo.
Buono fruttifero postale, differenze su capitale e interessi
Una differenza evidente tra Buono fruttifero postale e BTp risiede nel rimborso del capitale.
Viceversa, gli interessi. Sul Buono fruttifero postale sono liquidati solo alla scadenza, mentre i BTp staccano cedole semestrali. Da questa differenza ne scaturisce un’altra relativa alla modalità di calcolo: gli interessi del primo maturano a loro volta interessi (capitalizzazione composta), mentre quelli dei titoli di stato sono semplici, essendo incassati periodicamente. E se volessi disinvestire prima della scadenza? Il Buono fruttifero postale riconosce gli interessi “a scatti”, vale a dire fino al periodo di computo precedente. Con i BTp, sul mercato avremmo modo di ottenere il pagamento del rateo attivo maturato fino al giorno della rivendita.
Ad esempio, il Buono fruttifero postale 4 x 4 riconosce gli interessi al risparmiatore a scatti di 4 anni. Se volessi rimborsato il capitale dopo 10 anni, Poste mi liquiderebbe gli interessi fino all’ottavo anno. Se disinvestissi dopo 7 anni, mi liquiderebbe gli interessi fino al quarto anno, avendo maturato solamente uno scatto quadriennale. Riepilogando, per i Buoni fruttiferi postali:
- il debitore è CDP, per i BTp è lo stato;
- la capitalizzazione degli interessi è composta, per i BTp è semplice;
- gli interessi sono corrisposti solo alla scadenza, per i BTp su base periodica;
- nel caso di disinvestimento anticipato gli interessi sono corrisposti fino allo scatto periodico precedente, mentre per i BTp è possibile monetizzarli fino alla data del disinvestimento sul mercato secondario;
- il capitale è liquidato in qualsiasi momento al 100%, per i BTp solo alla scadenza.