Ha lasciato un’azienda in una condizione disastrosa, si è ostinato a portare avanti una linea sconnessa dalla realtà dei fatti sulle auto elettriche, ha insultato tutti in Italia – istituzioni e parti sociali – ma è andato via sbattendo la porta. Carlos Tavares, fino a poco tempo fa incensato anche nel Bel Paese per essere un manager di grandi qualità, avrà una buonuscita da 100 milioni di euro. La cifra non è stata confermata, ma è quella che circola da domenica sera sui giornali e che Stellantis non ha smentito in alcun modo.
Buonuscita di Tavares dopo gestione disastrosa
Del portoghese si dice che abbia un carattere “ruvido”, che in sé non è un difetto per un manager. Ruvido fu anche Sergio Marchionne, che non le mandò a dire ai sindacati e alla stessa Confindustria (da cui uscì) durante la ristrutturazione di Fiat di ormai 20 anni fa. Ma parliamo di un altro livello, di un visionario, di un uomo che commise anch’egli errori, ma che si poneva obiettivi alti. Tutto questo con Tavares e la sua buonuscita monstre non esiste.
Mister 100 milioni ha distrutto quel poco di legame affettivo, oltre che aziendale, che ancora restava tra gli italiani e l’ex Fiat. Cosa ne poteva sapere lui, nato a Lisbona, di cosa rappresentasse quel marchio per milioni di famiglie nel nostro Paese? Era venuto a Roma non più tardi di poche settimane fa a spiegarci come si faccia impresa e perché la produzione qui da noi sarebbe insostenibile. E lo ha fatto mentre reclamava sussidi abbondanti per finanziare la produzione di auto elettriche, il grande flop di Stellantis.
Recriminare solo contro Tavares sarebbe sciocco. Egli ha espletato un mandato affidatogli dagli azionisti, i quali erano pappa e ciccia con il loro CEO fintantoché staccava assegni miliardari. 23 sono stati in tre anni i dividendi loro distribuiti.
Strategia sbagliata e visione corta
In sostanza, Elkann ha rivendicato il ruolo di lungimirante della situazione. Fesserie. Dov’erano i grandi azionisti mentre Tavares smantellava le produzioni in Italia per delocalizzarle in nazioni come Polonia e Serbia per ragioni di costo e invitava i fornitori con tanto di dépliant a spostarsi in Marocco? Direte che giustamente questo fa un’azienda: produrre dove costa di meno. Tutto vero, ma la scelta non comporta solo benefici. E ciò è emerso proprio in occasione della crisi di quest’anno. Stellantis si è rivolta col piattino in mano al governo italiano, chiedendo gli ennesimi incentivi, al fine di sussidiare le vendite di auto elettriche. A quel punto, Roma replicò con un laconico “dove ti sei fatta l’estate, fatti anche l’inverno”.
La strategia di Stellantis di questi anni è stata quella che nel marketing si definisce “cherry-picking”, che potremmo tradurre con “logica da scroccone”. Un dibattito simile avvenne in pandemia quando i colossi da crociera rischiarono il fallimento a causa dei “lockdown” e reclamarono aiuti al governo americano. Politici ed opinione pubblica s’infuriarono; si chiesero con quale faccia avrebbero potuto avanzare pretese, avendo la sede fiscale in isolotti sperduti in questo o quell’oceano.
Liquidazioni scandalose anche con crisi bancaria
La buonuscita di Tavares, per quanto scandalosa e illogica sia, non è il primo caso del genere. Anzi, la lista della vergogna sarebbe lunghissima. Vi basti pensare che nel 2008-’09, mentre i governi salvavano con denari pubblici le banche fallite o a rischio crac, nel Nord America come in Europa i banchieri se ne andarono a casa con così tanti zeri sugli assegni da fare esplodere le opinioni pubbliche.
L’onnipotenza dei manager è figlia di azionisti compiacenti. I piccoli si disinteressano della governance, perché chiaramente cercano solo dividendi e magari plusvalenze da realizzare alla prima occasione utile. I grandi dovrebbero avere a cuore obiettivi di lungo periodo, ma sembra che spesso se ne infischino. E’ sembrata furba la trovata di Tavares di tenere la produzione bassa e approfittare dei picchi della domanda per alzare i prezzi e fare utili. Un socio di peso come Exor avrebbe dovuto spiegare al portoghese che, alla lunga, questa strategia avrebbe portato ad un allentamento del legame con mercati “core” come l’Italia, dove i marchi ex Fiat sono stati popolari anche per via dei costi relativamente contenuti.
Buonuscita di Tavares minaccia credibilità di Stellantis
Infatti, per la prima volta in oltre un secolo di dati ufficiali, la casa automobilistica (ora italo-americana-francese) ha perso il primato delle vendite in Italia, scendendo prima al secondo posto dopo Volkswagen, poi fino al terzo e al quarto. Il sentimento che legava gli italiani all’ex Fiat non esiste più. E’ stato reciso a colpi di promesse tradite, delocalizzazioni, prezzi alle stelle e cassa integrazione. La buonuscita di Tavares passerà alla storia come una delle grandi scempiaggini commesse da una grossa azienda quotata. Liquidare un manager così fallimentare con una cifra del genere significa non possedere la necessaria credibilità per rapportarsi con le parti sociali e le istituzioni. Ricordatevene quando vi parleranno di politiche ESG e ipocrisie di questo tenore.