Caffè al bar: con la riapertura, prezzi in aumento anche del 30%

Prezzi in aumento con la riapertura dei bar, i consumatori protestano. Ma per gli esercenti è cambiato poco o nulla sul listino.
5 anni fa
2 minuti di lettura

Riapertura bar con sorpresa. Da oggi, ristoranti e bar hanno ripreso a lavorare a pieno titolo, anche se con le dovute precauzioni, ma in molti posti i consumatori hanno scoperto che i prezzi sono aumentati.

Quindi,da oggi caffè più amaro per molti italiani che, con la riapertura degli esercizi commerciali, si sono recati al bar per il rito della colazione, scoprendo che i prezzi, in alcuni casi, hanno subito ritocchi al rialzo. E non di poco.

Riapertura bar e prezzi del caffè

A Milano, un caffè in centro è arrivato a costare 2 euro a tazzina, mentre a Firenze 1,70, a Roma 1,50.

Rincari giustificati dalle misure igieniche e di distanziamento e che costringono gli esercenti a rincarare la dose sulle consumazioni al tavolo. Molti si giustificano col fatto che il rispetto delle norme igienico sanitarie hanno imposto costi imprevisti che naturalmente vengono scaricati sulla clientela finale. Altri esercenti non hanno cambiato nulla rispetto al tariffario di prima del coronavirus sostenendo che il servizio al tavolo è spesso maggiorato e non potendo effettuare servizio al banco per evitare assembramenti, il caffè o il cappuccino servito al tavolo, magari con vista su una piazza, costa di più.

Codacons, con riapertura aumento prezzi al bar

Stiamo ricevendo segnalazioni da parte dei consumatori che oggi sono finalmente tornati a prendere il caffè fuori casa, e che denunciano rincari dei listini – spiega il Codacons -. Al momento si tratta di casi isolati, ma che potrebbero anche estendersi a tutta Italia. Rincari vengono segnalati anche per i parrucchieri e i ristoranti, con costi da oggi più alti per tagli, messe in piega, ecc. in alcuni locali. “Speriamo si tratti di situazioni isolate, e che gli esercenti non decidano in massa di ritoccare i listini per rifarsi dei minori guadagni e dei costi di sanificazioni dei locali“, afferma il presidente Carlo Rienzi.

E’ chiaro che se si alzano i prezzi delle consumazioni, difficilmente la ripartenza avverrà col piede giusto e le difficoltà tenderanno a permanere più a lungo nel tempo. Vero che gli esercenti devono sopportare maggiori spese, ma è altrettanto vero che i consumatori hanno oggi meno soldi in tasca da spendere rispetto a tre mesi fa.

30% bar a rischio chiusura

E’ comunque assodato che gli esercenti dei bar per poter tenere aperti hanno bisogno di recuperare e quindi di alzare i prezzi confidando anche sul fatto che difficilmente gli italiani rinunceranno alla pausa caffè o al cappuccino. D’altra parte, un bar su tre è a rischio chiusura in questo momento. Dall’ultimo studio di Bain & Company emerge che la chiusura di bar e ristoranti nel periodo marzo-metà maggio ha già causato perdite di fatturato per circa 14 miliardi di euro, 1,6 miliardi di euro in minori entrate fiscali e messo a rischio circa 230 mila posti di lavoro. Includendo le misure restrittive sulla riapertura l’impatto sull’intero 2020 arriverebbe a oltre 30 miliardi. Lo studio di Bain & Company ha analizzato i dati di 40 mila punti vendita, con interviste a circa 1.000 esercenti in tutta Italia per analizzare non solo il costo già sostenuto ma, soprattutto, per capire le implicazioni che le scelte attualmente in discussione avranno sul futuro di breve e di medio periodo dei circa 320 mila bar e ristoranti già messi a dura prova dal periodo di lockdown. “In questo contesto ci troviamo di fronte alla scelta difficilissima di coniugare la prevenzione e la salute con la sopravvivenza di un pilastro strategico dell’economia italiana e del Made in Italy” spiega Sergio Iardella, partner di Bain & Company.

Mirco Galbusera

Laureato in Scienze Politiche è giornalista dal 1998 e si occupa prevalentemente di tematiche economiche, finanziarie, sociali

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Articolo precedente

Bonus 110% sulla seconda casa: eccezioni in arrivo in discussione

Articolo seguente

E il debito turco sconta il terzo più alto rischio default dopo Venezuela e Argentina