Da abitudine e rito nazionale a potenziale lusso non alla portata di tutti. Il caffè al bar unisce gli italiani da Trento a Pantelleria, ma i rincari di questi mesi minacciano l’antica tradizione. Il prezzo della materia prima è salita ai massimi da 10 anni sui mercati internazionali. Per una libbra di Arabica, la qualità migliore, bisogna ormai spendere quasi 2,50 dollari. Un anno fa, bastavano meno di 1,20 dollari. Il boom riguarda anche la qualità inferiore, la Robusta, passata nello stesso arco di tempo da 1,35 a 2,40 dollari al chilo.
A cosa sono dovuti questi rincari? Ancora una volta, c’entra il Covid. Sono due i principali paesi esportatori: Brasile per l’Arabica, Vietnam per la Robusta. Di recente, Hanoi ha chiuso i porti per frenare i contagi e ciò ha aggravato i problemi di accaparramento del caffè da parte degli intermediari. Già la logistica era malfunzionante a causa dei colli di bottiglia venutisi a creare con le restrizioni anti-Covid dei mesi precedenti. A ciò si sono aggiunti gli scarsi raccolti in Brasile. In tutto, Rabobank stima in 312.000 tonnellate il deficit di caffè nel mondo.
Caffè al bar, rincari in vista
Prezzi ai massimi da 10 anni, dicevamo. Ma c’è un dettaglio a rendere ancora più amaro il dato. Nel luglio 2011, quando i prezzi arrivarono ai livelli attuali, il cambio euro-dollaro stava sopra 1,40, cioè a circa +20% rispetto ad oggi. In altre parole, stiamo importando caffè a costi effettivi ben maggiori di allora. Considerando i rincari di quest’ultimo anno, per ogni chilo di Arabica stiamo spendendo 1,20 euro in più, mentre per ogni chilo di Robusta circa +1,12 euro. A conti fatti, una tazzina di caffè al bar ci costerà sui 9 centesimi in più solamente per il boom dei prezzi della materia prima.
Tuttavia, dobbiamo considerare anche i rincari delle bollette di luce e gas, che stanno colpendo non solo le famiglie, ma anche le attività commerciali.