Occhio agli errori comuni sul calcolo della pensione in base ai contributi versati e all’aspettativa di vita. Come canta Francesco Renga con il brano Era una vita che ti stavo aspettando: “E se fossi tu l’unico rimedio per non cadere dentro i soliti errori che ogni volta non riusciamo a evitare”.
Tutti quanti prima o poi possiamo commettere degli errori, sia nella sfera privata che in quella professionale. Nella maggior parte dei casi, fortunatamente, si tratta di piccoli sbagli che possono essere risolti in modo facile e veloce.
Altre volte, invece, si tratta di errori di entità particolarmente grande da poter stravolgere le nostre stesse vite o, ancor peggio, quelle altrui. Lo sanno bene i vari governi che si sono susseguiti nel corso degli anni alla guida del nostro Paese e che sono inevitabilmente responsabili. Sia in positivo che purtroppo, a volte, anche in negativo, delle sorti dei cittadini.
Quest’ultimi, infatti, devono fare i conti con le varie regole imposte dall’alto, volte a regolare i comportamenti di tutti coloro che vivono in un determinato Paese e garantire pace, giustizia ed equilibrio nella società.
Calcola la pensione in base ai contributi versati e all’aspettativa di vita (errori comuni)
Basti pensare alle modalità di accesso al trattamento pensionistico. Quest’ultimo, infatti, viene riconosciuto solamente nel momento in cui un cittadino matura determinati requisiti anagrafici e contributivi. A tal proposito, come sottolineato sul sito del Ministero dell’Economia e delle Finanze:
“A seguito delle riforme previdenziali degli ultimi anni, al fine di mantenere l’equilibrio attuariale tra la quota della vita lavorativa e quella passata in quiescenza, gli aumenti medi dell’aspettativa di vita sono divenuti fondamentali per determinare l’età e l’ammontare dei contributi necessari per l’accesso al pensionamento così come il valore dei benefici previdenziali percepiti. Tuttavia la letteratura riconosce l’esistenza di un fenomeno di mortalità differenziale con potenziali conseguenze sull’equilibrio attuariale dei sistemi previdenziali.
Proprio in tale contesto è fondamentale prestare attenzione ad alcuni errori comuni.
Non tutti prenderanno con l’assegno pensionistico quanto versato durante la carriera lavorativa. Allo stesso modo non si può nemmeno pensare che i soli contributi possano finanziare interamente le pensioni dei lavoratori. I contributi, infatti, non sono sufficienti a sostenere il sistema pensionistico del nostro Paese senza gravare sulle tasche dello Stato.
Non si può inoltre pensare di usare il sistema contributivo solamente con l’intento di far quadrare i conti pubblici. Nel corso degli anni, in effetti, i vari governi hanno visto nel sistema contributivo la soluzione facile e immediata per mettere in campo delle misure di pensione anticipata senza gravare sul bilancio statale. Per garantire a tutti i cittadini un trattamento equo, però, è necessario attuare una riforma strutturale con delle misure volte a garantire una sostenibilità nel lungo periodo.
A tal fine bisogna sfatare anche un altro falso mito, in base a cui all’aumento dell’aspettativa di vita debba corrispondere un pari aumento dell’età di accesso alla pensione. L’aspettativa di vita, però, non è uguale per tutte le categorie di lavoratori. Si rischia pertanto di generare delle iniquità che dovranno essere superate attraverso dei provvedimenti ad hoc.