Calderone: riforma pensioni strutturale entro l’estate

Il ministro del Lavoro Elvira Calderone promette una riforma pensioni vera e duratura per il 2024. Come potrebbe essere la nuova versione di Quota 41.
2 anni fa
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pensioni

Entro 5-6 mesi si farà la riforma pensioni. Parole di Maria Elvira Calderone, ministra del Lavoro e delle Politiche Sociali, che dichiara quanto sia importante porre la parola fine a interventi tampone per superare la Fornero.

Si parte il 19 gennaio con un primo confronto fra governo e parti sociali per poi proseguire fino all’estate quando la riforma dovrebbe prendere forma. Per arrivare a gennaio 2024 con un nuovo assetto pensionistico equo, stabile e duraturo.

Cosa aspettarsi dalla riforma pensioni

Ma se queste sono le promesse di Calderone, cosa aspettarsi in concreto per l’anno prossimo? In sostanza la riforma pensioni che il governo intende portare avanti si baserebbe sull’uscita secca con 41 anni di contributi per tutti indipendentemente dall’età.

Una riforma tanto discussa e controversa perché va a inserirsi nel quadro delle pensioni anticipate già previsto dalla riforma Fornero. Già oggi si può uscire con 41 anni e 10 mesi di contributi (12 mesi in più per gli uomini) a prescindere dall’età. Con Quota 41 cambierebbe poco a livello previdenziale perché si anticiperebbe l’uscita solo di 1-2 anni e 10 mesi.

Per lo Stato, però, questa modifica comporterebbe una maggior spesa che non è ancora stata ben quantificata, ma si aggirerebbe intorno a 3 miliardi di euro solo per i primi due anni. E fare altro debito per le pensioni, si sa, è diventato ormai impossibile. A meno che non si taglino altre uscite, come, ad esempio, il reddito di cittadinanza.

Ipotesi di Quota 41 interamente contributiva

Immaginare, quindi, che di punto in bianco si possa attuare Quota 41 liberamente senza tener conto dei vincoli di bilancio è impossibile. Anche se Pil italiano dovesse improvvisamente salire del 5%. Lo dimostra l’attuazione di Quota 103 per quest’anno che prevede l’uscita con 41 anni di contributi a patto che si abbiano almeno 62 anni di età e un importo di pensione che non sia superiore a 5 volte il trattamento minimo.

Paletti che la dicono tutta sulle difficoltà di attuazione di una simile riforma. Sicché, l’ipotesi allo studio per il 2024 sarebbe quella di concedere liberamente la pensione con 41 anni di contributi a patto che si scelga il regime di calcolo contributivo dell’assegno. Un po’ come avviene per Opzione Donna dove le lavoratrici sottoscrivono la migrazione dei contributi versati prima del 1996.

Nel dettaglio, il ricalcolo contributivo della pensione per chi avrà l’anno prossimi 41 anni di lavoro alle spalle senza interruzione avrà ricaduta minimale sull’importo della pensione, benché penalizzante. Sarebbero infatti solo 12 gli anni di contribuzione su 41 da migrare, circa il 30%. Percentuale che tenderà a diminuire col passare degli anni fino ad azzerarsi nel 2036.

Mirco Galbusera

Laureato in Scienze Politiche è giornalista dal 1998 e si occupa prevalentemente di tematiche economiche, finanziarie, sociali

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