Il dato di maggio sull’inflazione nell’Area Euro è risultato più basso delle previsioni. Il calo è stato al 6,1% annuo dal 7% di aprile, mese in cui si era registrato un lieve aumento dal 6,9%. L’aumento dei prezzi al consumo è sceso ai livelli minimi da febbraio 2022, quando la Russia occupava l’Ucraina, facendo esplodere i prezzi di numerose materie prime, petrolio e gas in testa. Ancora più significativo il dato sull’inflazione “core” o di fondo, cioè al netto di energia e generi alimentare.
E’ molto probabile, infatti, che al board di giugno ci sarà una nuova stretta dello 0,25%. I tassi di riferimento salirebbero al 4% e quelli sui depositi bancari al 3,50%. Questo dato è sostanzialmente pacifico. Così come resta abbastanza probabile anche l’aumento dei tassi a fine luglio e sempre per lo 0,25%. E sono diversi i segnali che vanno in tale direzione. Ad esempio, il banchiere centrale lusitano Mario Centeno ha affermato nei giorni scorsi che la stretta sui tassi della BCE non starebbe impattando più di tanto sull’economia nell’Area Euro.
Per il momento i toni a Francoforte rimangono da “falco”, così da segnalare l’intenzione forte dell’istituto di piegare l’inflazione fintantoché non scenderà al target del 2%. L’inflazione di fondo è scesa, ma ancora troppo poco. Ha segnato solamente -0,4% su base annua dal picco di due mesi prima. Prima di comunicare la cessazione della stretta, la BCE vorrà verificare che questa sia scesa su livelli tendenti al target. Verosimile che non accadrà prima dell’estate. Ed ecco che prende corpo un ennesimo aumento dei tassi anche per settembre.
Aumento tassi BCE fino a luglio o settembre
Il mercato non sconta del tutto quest’ultimo scenario. I futures sull’Euribor a 3 mesi, che segue l’andamento dei tassi sui depositi, intravedono un apice del 3,75% o persino più alto entro settembre. Poiché questi furono fissati a maggio al 3,25%, teoricamente si prevedono altri due aumenti dei tassi per mezzo punto percentuale complessivo. Ed è anche per questa ragione che la stretta fino all’estate sembra cosa fatta. La BCE non avrebbe convenienza a fare di meno di quanto il mercato si sia già fasciato la testa. Il dubbio per il momento riguarda perlopiù l’intervento a settembre e dipenderà ovviamente dall’evoluzione macro dei prossimi mesi.
Ed è probabile che la BCE voglia cercare di “raffreddare” le aspettative su un taglio dei tassi già a partire dai primi mesi del 2024. E’ da settimane che si hanno in tal senso diverse esternazioni, tra cui la dichiarazione di giovedì scorso del governatore olandese Klaas Knot. Questo potrebbe essere un punto d’incontro tra “falchi” e “colombe” in seno al board. I primi accetterebbero di alzare i tassi di riferimento non oltre il 4,25%, i secondi che resterebbero tali per un periodo prolungato. Solo un calo più o meno marcato dell’inflazione nell’Area Euro farebbe propendere la bilancia a favore degli uni o degli altri.
Da registrare come il cambio euro-dollaro si sia allontanato dai massimi di oltre 1,10 raggiunti a inizio maggio. Il mercato starebbe scontando, infatti, anche un ritorno all’aumento dei tassi negli Stati Uniti, con ogni probabilità a luglio e per l’ultima volta. Questo è un dato che gioca a favore dei “falchi” come la Bundesbank, perché un euro debole rischia di tenere l’inflazione alta più a lungo.