Perché il calo dello spread non fa bene solo ai conti dello stato

Il calo dello spread non è positivo solamente per i conti pubblici, ma per l'intera economia italiana. Vediamo perché.
1 mese fa
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Calo dello spread fa bene all'economia italiana
Calo dello spread fa bene all'economia italiana © Licenza Creative Commons

Solamente il 7 novembre scorso, all’indomani della vittoria netta di Donald Trump alle elezioni americane, i BTp a 10 anni offrivano un premio di circa 135 punti base o 1,35% sui Bund. Il mercato intravedeva il rischio di una frenata nel taglio dei tassi di interesse da parte della Banca Centrale Europea (BCE). Da allora, però, tale sensazione ha dovuto fare i conti con il progressivo deterioramento delle condizioni macroeconomiche nell’Eurozona. E venerdì scorso lo spread dell’Italia risultava in calo fino a un minimo di 105 punti o 1,05%.

Siamo scesi ai livelli più bassi da oltre tre anni.

Verso maxi-taglio dei tassi BCE

Il rendimento del BTp a 10 anni è inferiore ormai al 3,20%, dato minimo da agosto del 2022. Un crollo di oltre mezzo punto percentuale in appena un mese. Gli investitori stanno scontando un maxi-taglio dei tassi a dicembre, cioè settimana prossima. La BCE dovrebbe ridurre il costo del denaro dal 3,25% al 2,75% (tasso sui depositi bancari). Ma il calo dello spread segnala che a contrarsi è anche il rischio di credito percepito dal mercato a proposito del debito pubblico italiano.

E’ un fatto senza dubbio positivo per i conti dello stato. Rendimenti in calo riducono i costi di emissione, per cui il nuovo debito peserà di meno sulle tasche di tutti noi contribuenti. Ma quello di cui poco parliamo è che il calo dello spread fa bene all’intera economia italiana, non soltanto ai bilanci pubblici. I rendimenti sovrani sono una sorta di “benchmark” per la struttura dei tassi di mercato. In pratica, quando una banca deve fissare il tasso su un prestito, tiene conto del rendimento “risk free” che otterrebbe semplicemente prestando denaro allo stato. E coloro che ricorrono al mercato a caccia di liquidità (banche, aziende, ecc.) devono tenere conto dei rendimenti offerti dallo stato per attirare la domanda.

Intera struttura dei tassi giù

Più alti i rendimenti lunga la curva dei tassi, più alti anche gli interessi richiesti ad imprese e famiglie.

E i risparmiatori dal canto loro pretenderanno anch’essi di più. Guardate ai conti deposito in questi anni con l’aumento dei tassi. Con la conseguenza che, quando lo spread con Germania, Francia e altri stati è alto, anche i costi per gli investimenti e gli acquisti di beni durevoli diventano relativamente maggiori. In parole povere, l’Italia non ha soltanto un problema di spesa per interessi dello stato, bensì anche di costi più alti per fare impresa e per finanziare gli acquisti delle famiglie.

Il calo dello spread riduce questo gap e tende a favorire l’economia privata. Le distanze tra Italia e Germania, ma anche con gli altri Paesi dell’Eurozona, si accorciano. Investire nel Bel Paese diventa relativamente meno caro e così anche contrarre un mutuo o un finanziamento. Ciò stimolerà con i mesi la domanda interna aggregata. Ne abbiamo bisogno, se è vero che l’Istat ha dimezzato le previsioni di crescita per il Pil di quest’anno allo 0,5% e per l’anno prossimo intravede un ancor magro 0,8%. Proprio la domanda interna, spiega l’istituto, nel 2024 apporterà un contributo negativo dello 0,2%.

Da calo spread possibile circolo virtuoso

Così come s’innescano a volte i circoli viziosi, anche quelli virtuosi possono originarsi da un trend favorevole. Il calo dello spread può spingere le agenzie di rating a promuovere i BTp nei prossimi mesi. A loro volta, queste mosse ridurrebbero ulteriormente le distanze con i rendimenti tedeschi, sostenendo sia il buon umore sui mercati e sia la crescita economica tramite domanda interna. Ma nulla viene dal nulla. L’Italia dovrà mostrarsi abile a perseguire una politica fiscale prudente e al contempo a rafforzare le prospettive di crescita con micro-riforme anche a costo zero, ma impattanti.

In soccorso arrivano le convulsioni politiche e finanziarie in Francia, che spostano le attenzioni su Parigi, mentre i riflettori su Roma si vanno spegnendo dopo anni.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
Il suo motto è “Il lettore al centro grazie a una corretta informazione”; ogni suo articolo si pone la finalità di accrescerne le informazioni, affinché possa farsi un'idea dell'argomento trattato in piena autonomia.

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