Che in Corea del Nord non si stia bene, è qualcosa che tutti sappiamo, pur sprovvisti di dati macroeconomici comparabili. Ma emerge negli ultimi mesi una situazione sempre più allarmante e che potrebbe contribuire a destabilizzare l’intera area del Sud-Est del Pacifico. I prezzi del cibo stanno esplodendo e questo è un cattivo segnale. Non a caso, ieri il presidente della Corea del Sud, Yoon Suk-yeol, ha annunciato la legge marziale contro presunti sostenitori interni di Pyongyang, salvo ritirarla successivamente sulle proteste delle opposizioni, che guidano il governo, nonché lo sconcerto degli stessi alleati. Una mossa che rischia di accentuare le tensioni a Seul con le opposizioni, che hanno la maggioranza in Parlamento.
Prezzi del cibo esplosi da inizio anno
Ma facciamo un po’ di ordine.
Il mais avrebbe, invece, superato i 4.000 won al kg, segnando un aumento superiore al 17% rispetto alla precedente rilevazione del 10 novembre. Rispetto all’inizio dell’anno, i prezzi sono esplosi gli uni del 64% e gli altri di quasi il 71%. Colpa del cambio, che sta collassando letteralmente. Per un dollaro servono adesso in media 18.000 won, quando all’inizio dell’anno ne bastavano intorno a 8.500.
Crisi del cambio arriva in tavola
Cosa c’entrano i prezzi del cibo con il crollo del won? A differenza di quanto si possa pensare, i generi alimentari di prima necessità non vengono importati, per cui non dovrebbero risentire delle oscillazioni del cambio. Ma il fatto è che nessuno più accetta a cuor leggero pagamenti nella valuta locale, perché essa si deprezza rapidamente. Pertanto, i commercianti applicano una sorta di cresta sui prezzi e crescente giorno dopo giorno. Un modo per mettersi in salvo contro la crisi del cambio.
Il regime non tollera che sia il mercato a fissare un tasso di cambio differente da quello ufficiale, che resta a 1:900. Il quotidiano riporta che nelle ultime settimane sono state intensificate le azioni repressive ai danni dei cambiavalute. Diversi nella provincia del Nord Pyongan sono stati “banditi”. Il termine evoca il dislocamento insieme alle famiglie in aree più remote, dove i figli non avranno verosimilmente mai migliori opportunità di vita.
Inflazione alimentata dall’aumento di moneta
I cittadini nordcoreani contattati, ovviamente in forma anonima, sostengono che gli agenti del cambio non siano i responsabili della crisi e che questa andrebbe addebitata ai progetti infrastrutturali del governo. Per finanziarli, spiegano, sta stampando moneta, alimentando l’inflazione e la svalutazione.
Può sembrare paradossale che Pyongyang mostri i muscoli con lanci di missili balistici a lungo raggio e l’invio di circa 10.000 truppe in Ucraina. Non lo è affatto. Servono più che mai dollari per placare la domanda di valuta estera all’interno della Corea del Nord e stabilizzare il cambio. I soldati non vengono inviati all’estero gratis. E’ quasi certo che la Russia di Vladimir Putin stia remunerando gli sforzi. E l’intensificazione del programma missilistico alla vigilia dell’insediamento della nuova amministrazione americana punterebbe a strappare un accordo con gli Stati Uniti per ridurre le sanzioni internazionali a carico dell’economia.
Prezzi del cibo ed escalation militare collegati
Ma il Paese non sembra voler rinunciare alle sue ambizioni nucleari, prerequisito per potersi sedere nuovamente al tavolo del negoziato con Donald Trump. Nel frattempo, il regime comunista ha fatto saltare in aria la via di comunicazione che conduceva nella Corea del Sud. Ha altresì modificato la Costituzione, non ambendo più alla riunificazione della penisola, ma anzi tacciando la vicina del Sud come potenza “ostile”. Naturale che a Seul cresce l’irritazione. E nemmeno la Cina vede di buon occhio l’avvicinamento eccessivo con la Russia.