Giù il cambio euro-dollaro nella seduta di ieri, caratterizzata dalla reazione del mercato alla pubblicazione del dato sull’inflazione negli USA in ottobre. L’indice dei prezzi al consumo è salito del 6,2% su base annua, sopra le attese del +5,9% e ai massimi dal novembre 1990. Il cross valutario è sceso sotto 1,15, portandosi fino a un minimo di 1,1469 stanotte. Dall’inizio dell’anno, segna un pesante -6%.
Può sembrare un paradosso, visto che l’alta inflazione erode la competitività delle imprese e dovrebbe indebolire il dollaro contro l’euro, non viceversa.
Cambio euro-dollaro giù e rendimenti USA su
Se già il governatore Jerome Powell aveva annunciato il taglio degli acquisti di bond per 15 miliardi di dollari al mese fino alla cessazione del “quantitative easing” nel giugno prossimo, adesso ci si aspetta che tale riduzione si faccia più veloce e/o che il rialzo dei tassi USA si avvicini. Il mercato già ne sconta un paio da 25 punti base (0,25%) ciascuno entro 12 mesi. Ecco spiegato il motivo per cui il cambio euro-dollaro continua a scendere: i capitali affluiscono negli USA per approfittare dei più alti rendimenti nominali offerti e in previsione di un loro aumento ulteriore.
Il crollo del cambio euro-dollaro quest’anno intensifica il boom delle quotazioni del petrolio per noi europei. Il Brent si è apprezzato di circa il 60%, ma con l’indebolimento della moneta unica ci costa almeno il 66% in più. Questo fatto dimostra come l’effetto cambio stia agendo al rialzo sull’inflazione nell’Eurozona, tendenzialmente aumentando il costo dei beni importati.