Venerdì scorso, il cambio euro dollaro è sceso a 1,08, il livello più basso da maggio 2020, cioè dall’inizio della pandemia. E dire che nel dicembre di due anni fa, in scia all’ottimismo per l’avvio delle vaccinazioni contro il Covid, il cross si era portato a un massimo superiore a 1,22. Quest’anno, invece, perde un altro 5%. La debolezza è da addebitare a tre cause concomitanti principali. La prima riguarda la netta divergenza monetaria tra Federal Reserve e BCE, con la prima ad avere iniziato ad alzare i tassi d’interesse e la seconda a tergiversare.
Cambio euro dollaro tra tassi, guerra ed elezioni francesi
Il board di Francoforte di giovedì scorso non ha portato alcuna novità. Nessun rialzo dei tassi in vista, semmai la prospettiva di chiudere con gli acquisti dei bond nel terzo trimestre di quest’anno. Viceversa, la FED alzerebbe i tassi di un altro mezzo punto percentuale al board del 3-4 maggio. Inevitabile che il cambio euro dollaro s’indebolisca sempre più: il Treasury a 10 anni si è portato fino a oltre 2,8% nei giorni scorsi, il Bund decennale supera a stento lo 0,8%. E in entrambi i casi, a fronte di tassi d’inflazione ai massimi da inizio anni Ottanta.
C’è anche la guerra russo-ucraina a pesare diversamente sulle due valute. Gli effetti dell’embargo commerciale e finanziario contro Mosca si stanno sentendo, anzitutto, ai danni dell’economia europea. Questa è largamente dipendente dall’energia russa, specie dal gas. Il boom dei prezzi delle materie prime sta rallentando la crescita del PIL nel Vecchio Continente e, apparentemente, non starebbe ad oggi colpendo significativamente quella americana. Anche per questa ragione la BCE non se la sente di avviare sin da subito la stretta monetaria.
Infine, c’è il fattore Francia. Alle elezioni presidenziali di domenica prossima si sfideranno l’uscente Emmanuel Macron e la candidata della destra euro-scettica Marine Le Pen.
Possibile risalita tra non molto
Per tutte queste ragioni, il cambio euro dollaro dovrebbe restare debole anche nelle prossime settimane, ma in possibile risalita già da lunedì 25 aprile, quando con ogni probabilità i mercati festeggeranno il secondo mandato di Macron. Peraltro, la divergenza sui tassi è stata già scontata e d’ora in avanti ogni rumour che vada nella direzione di far intravedere un atteggiamento più restrittivo della BCE e/o meno restrittivo del previsto per la FED non farà che rafforzare la moneta unica. La fine della guerra, poi, sarebbe un toccasana per il cambio euro dollaro, verosimilmente “sgonfiando” buona parte dei prezzi delle materie prime, petrolio e gas in primis.