Il “Fed day” è arrivato. Dopo settimane di chiacchiere, sapremo finalmente se e in quale misura la banca centrale americana taglierà i tassi. Tutte le previsioni dicono che il costo del denaro negli USA sarà abbassato, ma esiste ancora qualche divergenza sull’entità: 25 o 50 punti base? Nel tentativo di ottenere il massimo risultato, il presidente Donald Trump è tornato alla carica nei giorni scorsi, dopo che negli ultimi mesi del 2018 aveva nei fatti già costretto il governatore Jerome Powell a desistere dal proseguire con il rialzo dei tassi.
Il punto è proprio questo: potrà Powell permettersi di tagliare i tassi USA dello 0,50% o anche più, quando i dati macro continuano a segnalare un’economia in crescita di oltre il 2%, piena occupazione, salari in aumento di oltre il 3%, inflazione non molto distante dal target del 2% e consumi solidi? Difficile immaginare che egli possa giustificare una mossa così vigorosa. E l’incertezza pesa sul cambio euro-dollaro, il principale cross valutario del pianeta, sceso in questi giorni in area 1,1150, ai minimi dal maggio 2017.
Il mercato sconta da un lato l’arrivo di nuovi stimoli monetari nell’Eurozona, dall’altro il taglio dei tassi Fed. Le due mosse si neutralizzano a vicenda, anche se la direzione per il cambio euro-dollaro nelle prossime settimane, a partire proprio da stasera, la imprimerebbe l’esito della riunione del FOMC. Se i tassi fossero tagliati solamente dello 0,25%, probabile che gli investitori reagiscano sui mercati con acquisti sul dollaro e, quindi, il cambio euro-dollaro scenderebbe verso la barriera di 1,10.
Cambio euro-dollaro su o giù nel breve e medio periodo? La risposta del mercato
Non solo tassi sul tavolo Fed
Viceversa, se Powell dovesse sorprendere con un maxi-taglio dello 0,50%, a rafforzarsi sarebbe l’euro, almeno fino all’arrivo di eventuali novità ancora più “dovish” da parte della BCE.
Si consideri che il mercato avrebbe già scontato tre tagli dei tassi USA da 0,25% ciascuno entro la fine dell’anno. E’ questo il riferimento a breve con cui anche la stessa Fed sta facendo i conti, perché se è vero che l’istituto non segue i mercati e, anzi, cercherebbe di indirizzarli, è altrettanto indubbio che non punti mai a contrariarlo vistosamente per non alimentare tensioni finanziarie e brusche cadute a Wall Street. Per il cambio euro-dollaro, però, a pesare sarebbero non solo i tagli, quanto anche le altre possibili mosse della Fed, come quella sulla riduzione degli assets a bilancio. Il dimagrimento dovrebbe cessare a settembre, stando alle stesse indicazioni dell’istituto. A questo punto, magari associandolo a una certa prudenza sui tassi, Powell potrebbe segnalare la volontà di tornare agli acquisti netti di Treasuries nel caso in cui l’inflazione continuasse a non centrare il target e uno stop anche immediato della riduzione del bilancio.
In previsione di un mix di novità accomodanti, luglio sta per concludersi con un calo dell’1,7% per il cambio euro-dollaro, nonostante la BCE abbia modificato la “forward guidance” sui tassi, aprendo anche a un secondo ciclo di QE. Tutti sanno che Trump guarda essenzialmente al dollaro per capire quanto efficace si mostri la politica monetaria americana nel far sgonfiare una divisa evidentemente sopravvalutata, che egli ritiene colpisca le esportazioni USA, con effetti negativi per l’economia domestica.