Aveva raggiunto quota 1,12 alla fine di settembre, mentre in queste ore è sceso sotto la soglia di 1,09 e ai minimi quasi due mesi e mezzo. Il cambio euro-dollaro perde così il 2,7% in appena due settimane. Dopodomani, la Banca Centrale Europea (BCE) sarà chiamata a decidere per la penultima volta quest’anno sui tassi di interesse. Il mercato sconta un terzo taglio dello 0,25%. Un quarto arriverebbe a dicembre, sempre della stessa entità. L’inflazione nell’Eurozona è scesa sotto il target del 2% a settembre e l’economia nell’area sta rallentando.
Economia europea arranca, terzo taglio dei tassi giovedì
La BCE sta dovendo fare i conti con una disinflazione più veloce delle previsioni, in conseguenza di un’economia che arranca. Ma il cambio euro-dollaro ci dice un paio di cose. La prima è che la Federal Reserve non si aspetta di correre a tagliare i tassi anche ai prossimi appuntamenti di politica monetaria. Il suo governatore Jerome Powell a settembre li ha ridotti dello 0,5% e c’è già chi sostiene che sia stata una mossa azzardata. I dati macroeconomici non autorizzerebbero una simile scelta. Il mercato del lavoro continua a performare bene e l’inflazione non è scesa sotto il target.
Dunque, il cambio euro-dollaro scende per il fatto che a tagliare i tassi più in fretta sia la BCE della Fed. I capitali si spostano dove possono ottenere rendimenti più alti, per cui defluiscono dall’Eurozona e si dirigono negli Stati Uniti. Tuttavia, questo trend non piace alla BCE. Se l’euro s’indebolisce, il costo delle importazioni sale e c’è il rischio che l’inflazione rialzi la testa nei prossimi mesi. Questo indurrà con molta probabilità l’istituto a mostrarsi prudente circa le prossime mosse.
Eurozona in attesa delle elezioni Usa
Sappiamo già che non si vincola anzitempo, volendo attendere riunione dopo riunione la pubblicazione dei dati macro aggiornati.
Detto ciò, quanto sta accadendo è semplicemente lo specchio di un’economia europea che non va. Rimbalzata dopo il Covid, si è arenata. Gli Stati Uniti, al contrario, continuano a crescere a ritmi sostenuti e il rischio di recessione non sembra concretizzarsi. Un nuovo scossone al cambio euro-dollaro può arrivare dalle elezioni presidenziali del 5 novembre. Se vincesse Donald Trump, il mercato si aspetterebbe una politica economica improntata più aggressivamente alla crescita con tagli alle tasse, ma anche dazi anti-dumping. Ciò riporterebbe in auge la famosa “Trumpflation“, il surriscaldamento delle aspettative d’inflazione. E il taglio dei tassi inevitabilmente sarebbe più lento, pur con tutte le pressioni del caso da parte della Casa Bianca per ottenere un costo del denaro ai minimi termini.
Cambio euro-dollaro grafico del declino europeo
C’è anche da aggiungere che la debolezza del cambio euro-dollaro ha a che fare in parte proprio con l’incertezza dell’esito elettorale e, soprattutto, delle conseguenze per l’economia europea. Bruxelles vive in balia delle mosse altrui e se gli Stati Uniti praticassero una sorta di guerra commerciale con la Cina, a farne le spese sarebbero le esportazioni dell’Eurozona, che ne sorreggono la crescita. Il cross sfiorava 1,60 prima di Lehman Brothers, mentre due anni fa si portava ai minimi da venti anni a 0,95. E’ il grafico del declino europeo.