Dal rischio parità a quasi 1,08. Il cambio euro-dollaro ha invertito la tendenza nelle ultime settimane e non è stato il solo. Così come la moneta unica, anche lo yen contro il dollaro aveva toccato il suo valore minimo dal 2002. Il cambio è arrivato a superare 130 agli inizi di maggio. Adesso, si aggira in area 127. Bene anche il franco svizzero, che guadagna contro il biglietto verde ben il 4% in appena un paio di settimane. In generale, il tasso di cambio medio del dollaro contro le principali valute mondiali si è deprezzato di oltre il 3% rispetto all’apice toccato poco prima della metà del mese.
Dunque, il dollaro resta super, ma un po’ meno delle settimane passate. E c’è la sensazione che sia stato voluto dalle istituzioni americane. La Federal Reserve ha esternato tramite alcuni sui componenti l’ipotesi di sospendere il rialzo dei tassi USA dopo l’estate e, addirittura, di tagliarli nel corso del 2023. Dopodiché, non hanno giocato alcuni dati economici. Il PIL americano si è contratto nel primo trimestre dell’1,5% rispetto al trimestre precedente, persino più dell’1,4% inizialmente stimato. E, soprattutto, è precipitato il numero di case vendute in aprile, segno che il rincaro dei mutui starebbe già facendo scricchiolare il mercato immobiliare.
Cambio euro-dollaro tra tassi e spettro recessione
Persino la sterlina inglese segna un rimbalzo di oltre il 3% contro il dollaro. C’è da dire che la Banca d’Inghilterra ha già alzato i tassi d’interesse quattro volte, portandoli con il board di maggio all’1%. E’ lo stesso livello a cui sono stati alzati i tassi americani. Invece, la BCE dovrebbe portarli a zero dall’attuale -0,5% entro settembre. Nessuna apertura all’avvio della stretta monetaria per il momento da parte della Banca del Giappone e della Banca Nazionale Svizzera.
Ma c’è da dire che i tassi d’inflazione nei due paesi siano saliti sopra il target, pur “solamente” al 2,5%.
D’altra parte, il mercato avrebbe scontato tassi USA più elevati del livello a cui potrebbero effettivamente salire nel caso di ripiegamento dell’economia americana. Dunque, nei prossimi mesi dovremmo assistere a un indebolimento del dollaro, pur non eclatante per via delle condizioni economiche relativamente deboli di Europa e Giappone.