Dove va il cambio euro-dollaro, il cross valutario più importante al mondo? Oggi, si attesta sotto 1,08, perdendo così quasi il 4% quest’anno. L’ultimo trend ribassista ha avuto inizio dopo l’1 maggio, quando i mercati sono stati in attesa della sentenza della Corte Costituzionale tedesca sul “quantitative easing” della BCE, arrivata nella mattinata di martedì e che ha lasciato perplessi un po’ tutti per le sue implicazioni negative per la politica monetaria nell’Eurozona e nel bel mezzo di una pandemia.
Se guardiamo allo spread Treasury-Bund, che segnalerebbe le aspettative del mercato sull’andamento del cambio euro-dollaro, notiamo che queste si sarebbero di molto “raffreddate” per il lungo periodo. Oggi, il bond americano a 10 anni offre lo 0,70% contro il -0,48% del titolo tedesco. Moltiplicando il differenziale di rendimento dell’1,18% per i prossimi 10 anni, troviamo che il cambio dovrebbe portarsi in area 1,20 per rendere tali titoli equivalenti alla scadenza in termini di rendimento effettivo. All’inizio dell’anno, sarebbe servito un cambio a 1,35, mentre il 9 marzo scorso, quando iniziava il “lockdown” in Italia, il primo in Europa, ancora si attestava a 1,30. In quella data, il cambio euro-dollaro saliva ai massimi dell’anno, sopra 1,14.
In poche parole, il mercato si aspetta un apprezzamento dell’euro contro il dollaro sempre più flebile nei prossimi anni. Le attese a 10 anni sono crollate di oltre l’11%. E questo, nonostante la Federal Reserve abbia varato stimoli monetari ben più potenti di quelli annunciati dalla BCE, tant’è che ha aggiunto già al suo bilancio 2.500 miliardi di dollari in poche settimane, molti di più dei poco più di 600 miliardi di euro di Francoforte. Sappiamo che il dollaro è un “safe asset” verso cui il mercato tende nelle fasi critiche.
Il problema Eurozona
Tuttavia, il quadro si complica maledettamente ogni volta che si parla di Eurozona. Come testimonia la sentenza di Karlsruhe, l’area è molto meno capace di resistere alle fasi di tensioni, non essendo un’unione monetaria ottimale, in quanto incompleta, con una unione fiscale inesistente e una frammentazione dei mercati finanziari, ancora legati alle dimensioni nazionali. Paesi in difficoltà come Italia e Spagna puntano a forme di mutualizzazione dei nuovi debiti per affrontare l’emergenza, alle quali si oppongono gli stati fiscalmente più virtuosi, tra cui Germania e Olanda per l’appunto. Queste divisioni non consentono all’Eurozona di esitare una risposta veloce ed efficace contro la crisi, tenendo alla finestra i capitali, con inevitabile deprezzamento della moneta unica.
Lo scenario peggiore si avrebbe nel caso si rendesse necessario un secondo “lockdown”, specie se si registrasse una seconda ondata di contagi da Coronavirus dopo l’estate, con il ritorno alle basse temperature. Sarebbe un momento molto difficile per tutte le economie, ma a maggior ragione per un’area sprovvista di tutti gli strumenti necessari per reagire prontamente. Che fine farebbero le finanze statali di stati come l’Italia? Davvero la BCE lascerebbe fallire alcuni stati membri, anche a costo di mettere a rischio la sopravvivenza stessa dell’euro? Tutti questi interrogativi se li stanno già ponendo gli investitori e se li porranno con maggiore forza nel caso di evoluzione negativa della pandemia tra qualche mese. In quel caso, si farebbe concreta l’ipotesi che il cambio euro-dollaro scenda verso la parità o, addirittura, al di sotto di essa.