Un canone di affitto, detto anche di locazione immobiliare, ha delle sfaccettature molto particolari e delle regole imposte attraverso due canali. Uno è quello sancito dal Codice Civile, con regole e vincoli preordinati. E poi c’è quello che le parti pattuiscono in sede di stipula del contratto. Anche ciò che si scrive nel contratto è importante e, anzi, forse lo è ancora di più. Uno degli argomenti più di attualità è senza dubbio l’aumento del canone di affitto. A gennaio, con l’ingresso del nuovo anno, l’aumento del corrispettivo da pagare per gli inquilini potrebbe essere enorme.
“Gentile redazione, da mesi sono arrivato ai ferri corti con il mio padrone di casa. Sto valutando l’idea di andare via e cambiare alloggio per evitare di peggiorare la situazione. Nel frattempo il mio padrone di casa mi ha detto che da gennaio dovrò pagare di più di affitto, per via dell’inflazione. Vuole 50 euro al mese in più. Anzi, mi ha detto che a gennaio devo dargli anche gli arretrati dell’affitto dal 2019 ad oggi. Mi ha detto che non mi ha mai aumentato l’affitto da quando ho preso casa da lui (ed è vero), e che adesso devo dargli tutti gli arretrati delle differenze di canone. Volevo chiedervi se può farlo e se l’aumento del canone è obbligatorio.”
Anche l’affitto aumenta nel 2023, ma non per forza di cose
L’inflazione finirà con il colpire anche gli inquilini delle case in affitto in riferimento al corrispettivo da pagare come canone per il contratto di locazione.
L’aumento del canone di affitto e i vari tipi di contratto
In genere i contratti di affitto in Italia sono instaurati tra inquilino e proprietario di casa in due modi e cioè:
- Canone concordato con la formula 3+2;
- Canone libero con la formula 4+3.
Dal punto di vista del diritto del padrone di casa a chiedere l’aumento del canone al proprio inquilino, nulla cambia in base alla tipologia di contratto applicato. Nulla vieta al padrone di casa di applicare aumenti, anche se tale eventualità non era riportata sul contratto di affitto sottoscritto tra le parti. Solo nel caso in cui il contratto di locazione sia stato instaurato nel regime della cedolare secca, che vieta l’adeguamento del canone durante la validità del contratto, gli inquilini possono trovare salvaguardia. La normativa però fa confusione. Infatti si sottolinea che solo se inserito nel contratto sottoscritto tra le parti il canone periodico di pagamento può essere variato. Quindi se tale postilla è inserita nel contratto, anche in regime di cedolare secca l’aumento può materializzarsi.
Il padrone di casa e gli arretrati degli aumenti non corrisposti
Il nostro lettore dovrà quindi verificare cosa c’è scritto nel contratto e che tipologia di contratto è stato applicato. Tornando al suo caso specifico e alla richiesta di arretrati del padrone di casa, va detto che anche in questo caso l’inquilino è la parte “debole”. Infatti un padrone di casa che non ha chiesto aumenti nonostante erano previsti dal contratto, cioè non ha adeguato il canone all’inflazione, può correre ai ripari. Può di fatto chiedere il versamento delle differenze di canone fino a 5 anni indietro. Il termine di 5 anni è quello valido per la prescrizione. In pratica il padrone di casa non può chiedere arretrati per le annualità precedenti le ultime 5.
Ogni anno l’inflazione è diversa e anche sul canone di affitto bisogna fare bene i conti
Il nostro lettore potrebbe trovarsi costretto a versare la differenza di canone tra quello pagato e quello che doveva pagare con l’aumento inflattivo di ogni anno. L’aumento deve essere comunicato dal padrone di casa anche semplicemente a voce. Nella normalità dei casi però si utilizza la comunicazione scritta con raccomandata con avviso di ricezione. Quindi il nostro lettore potrebbe essere chiamato al pagamento, oltre che del nuovo canone con 50 euro in più, anche degli arretrati. Ma occorre sottolineare che l’inflazione record di quest’anno non è la stessa del 2020 per esempio. In pratica il padrone di casa non ha il diritto di chiedere 50 euro al mese di arretrato dal 2019 ad oggi.