E’ il balzello più detestato dagli italiani e forse non a torto. La tv di stato occupa le prime pagine dei giornali di questa estate. Il capitolo nomine e il valzer dei conduttori appassiona, fino a un certo punto, il pubblico, di certo la politica. E adesso rispunta il tema del canone Rai. Il centro-destra è da sempre stato critico verso questa imposizione, soprattutto da quando nel 2015 iniziò ad essere riscosso tramite la bolletta della luce. Viale Mazzini ha così potuto beneficiare del calo dell’evasione da parte degli utenti.
Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha aperto nei mesi scorsi all’ipotesi di eliminare il canone Rai dalla bolletta della luce. Ad essere sinceri, è l’Unione Europea ad averlo sollecitato. Tra le numerosissime micro-riforme annesse al Pnrr, infatti, si legge che per Bruxelles il suddetto balzello risulterebbe parte degli “oneri impropri” caricati sull’energia elettrica. Una volta tanto, i commissari hanno detto una cosa ampiamente condivisibile. Già con il governo Draghi era partita l’interlocuzione per verificare se il canone Rai potesse restare in bolletta o dovesse essere subito eliminato. La cattiva notizia è che per l’Europa non esisterebbe alcuna impellenza per eliminarlo.
Importo ridotto senza voce investimenti
Per questa ragione gli abbonati (coattivi) alla tv di stato dovranno continuare a pagare il canone Rai in bolletta anche nel 2024. L’importo ad oggi è fissato in 90 euro: 18 euro per cinque bollette bimestrali all’anno o 9 euro per dieci. In teoria, l’alta inflazione di questi anni avrebbe dovuto portare a una revisione al rialzo. Lo avevano chiesto i vertici aziendali in audizione in Parlamento già l’anno scorso. Tuttavia, la politica è restia a percorrere questa strada.
Sta di fatto che l’eliminazione del canone Rai in bolletta è stata una promessa elettorale del centro-destra. Giorgetti sta cercando di trovare una soluzione di possibile compromesso dentro il governo. Una delle ipotesi in campo sarebbe di sottrarre all’utenza il pagamento degli investimenti a sostegno della capacità trasmissiva. Un costo di circa 300 milioni all’anno, che sarebbe accollato alla fiscalità generale. Avrebbe senso? Nei fatti, no. Smetteremmo di pagare tale quota in qualità di abbonati per farlo come contribuenti, cioè tramite Irpef, Iva, Irap, ecc. Il gioco delle tre carte che la politica usa solitamente per fingere di ridurre una tassa.
Pagamento legato agli smartphone?
Questa soluzione non sarebbe seria. Ve n’è un’altra allo studio. Ad oggi, il presupposto per pagare il canone Rai è di possedere un apparecchio radio-televisivo. In futuro, spiega sempre Giorgetti, potrebbe diventare il possesso di un’utenza mobile. In pratica, pagherebbero tutti coloro che posseggono uno smartphone. I problemi tecnici sarebbero non pochi. Anzitutto, risiedono nei numeri. Gli utenti obbligati a pagare il canone Rai sono oggi 21 milioni, mentre le utenze telefoniche attive ben 107 milioni. In teoria, la base imponibile sarebbe di oltre cinque volte maggiore e ciò consentirebbe di far pagare a ciascuno molto, molto di meno.
Tuttavia, c’è il rischio che mutando i criteri di pagamento, alla fine una famiglia si ritrovi a pagare più di oggi. Ciò è quanto vuole evitare il governo, che introdurrebbe una sorta di clausola di salvaguardia, un limite per impedire che una famiglia finisca per pagare più di oggi. Ma come calcolare gli importi per unità familiare? Ne scaturirebbe un caos burocratico.
Perché il canone Rai è così detestato
Interroghiamoci sulle ragioni per cui il canone Rai sia così odiato.
Come emerge dagli accadimenti degli ultimi mesi, c’è sempre una fetta di utenti che non si sente rappresentata dai giochi attorno alla tv di stato. Insomma, siamo lontanissimi dal modello e dall’autorevolezza di colossi come la Bbc. Il problema non è il canone Rai in bolletta in sé, perché anche tornando alla riscossione pre-2015 bisognerà pagare ugualmente. Il punto è che questo pagamento è percepito ingiusto, non corrispondente alla qualità del servizio offerto. Del resto, Mamma Rai da un lato chiede i quattrini agli italiani per sottrarsi alla dipendenza dal mercato, dall’altro sfracella quotidianamente gli zebedei inseguendo l’audience anche con tamarrate in prima serata. Non si può servire Dio e Mammona!