I figli dell’ex premier non hanno i peli sulla lingua e nel giro di pochi giorno lo stanno dimostrando con interviste separate proprio i due più grandi: Marina e Piersilvio. La settimana scorsa, la prima ha attaccato il colossi della Silicon Valley, come Google e Amazon, accusati di falcidiare l’editoria, mentre il secondo ha preso di petto niente di meno che la TV di stato. Al Corriere della Sera, il secondogenito di casa Berlusconi ha dichiarato che la Rai sarebbe rimasta l’unico caso in Europa di operatore pubblico che continuerebbe a inseguire le TV commerciali facendo la pubblicità, pur riscuotendo il canone.
Considerando che si avvicinano le elezioni, che la proposta di Piersilvio verrà raccolta dal padre? Se così fosse, il leader di Forza Italia dovrebbe promettere di eliminare la pubblicità in certe fasce orarie, come in Francia, ad esempio, che dopo le 20.00 non è consentita. L’ipotesi più estrema di eliminare del tutto la pubblicità non pare, invece, percorribile, perché Viale Mazzini non sarebbe altrimenti in grado di coprire i costi con il solo canone.
Piersilvio fa il suo mestiere e difende giustamente gli interessi di bottega. Tuttavia, la sua proposta non sarebbe l’unica possibile, anzi avrebbe almeno un paio di alternative con cui confrontarsi. Una l’ha indicata giorni fa il ministro dello Sviluppo, Carlo Calenda, quando ha sostenuto la necessità di mettere il canone all’asta e di assegnarlo a chiunque proponga un servizio pubblico, indifferentemente se sia un operatore pubblico o privato.
Canone Rai balzello eliminabile
Il canone Rai potrebbe, invece, essere eliminato “sic et simpliciter”, se si consentisse alla TV pubblica di fare tutta la pubblicità che vuole, comportandosi esattamente come un operatore commerciale. Si potrebbe eccepire che scomparirebbe così il servizio pubblico, ma in tempi di internet e di digitale terrestre, appare un concetto logoro e superato. A dirla tutta, si vede spesso più servizio pubblico nelle piccole reti che non su quelle Rai, le quali potrebbero venire privatizzate completamente senza che l’Italia ne patisca alcun effetto negativo, giovandosi al contrario dell’eliminazione di un balzello ormai anacronistico e dell’incasso derivante dalla cessione degli assets sul mercato, a tutto beneficio della qualità e dei livelli di produzione anche delle reti commerciali, grazie alla maggiore concorrenza.
Piersilvio e Mediaset non potrebbero mai chiedere l’addio al canone Rai, perché significherebbe per loro scontrarsi con un operatore, che competerebbe ad armi pari sul segmento commerciale. Nemmeno l’idea di Calenda farebbe breccia in casa Berlusconi, dato che libererebbe comunque la Rai dalla necessità di legare gran parte della programmazione ai livelli minimi obbligatori di servizio pubblico, buttando le sue reti nella mischia del commerciale, sottraendo risorse pubblicitarie preziose a Cologno Monzese. Da queste reciproche convenienze non si avrà mai una richiesta maggioritaria in politica di eliminare il canone Rai, che continua ad essere spacciato come doveroso e necessario per l’utenza, mentre rappresenta solamente un balzello inutile e di intralcio alla piena concorrenza tra gruppi. (Leggi anche: Canone Rai, perché nessun governo vuole abolirlo)