Cartella esattoriale: ricorso solo per vizi propri, la Cassazione fa chiarezza

La Cassazione ribadisce: la cartella esattoriale può essere impugnata solo per vizi propri, escludendo contestazioni ab origine
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ricorso cartella
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La recente sentenza n. 2743 del 4 febbraio 2025 della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia tributaria: un contribuente che non ha impugnato un avviso di accertamento nei termini previsti non può successivamente fare ricorso per la cartella di pagamento per vizi riconducibili all’atto originario.

L’impugnazione della cartella è ammessa esclusivamente per vizi propri e non per contestazioni legate al provvedimento impositivo che l’ha generata.

Ricorso cartella pagamento: il caso in esame

Dopo le diverse sentenze sulla notifica cartella via PEC e in Pdf, questa volta, la vicenda trae origine da un accertamento dell’Agenzia delle Entrate nei confronti di una Srl, con cui si contestava un maggior reddito. In virtù della presunzione che tali utili fossero stati distribuiti ai soci, l’amministrazione finanziaria ha notificato specifici avvisi di accertamento anche ai singoli soci della società.

Uno dei soci ha deciso di non impugnare l’avviso di accertamento emesso nei suoi confronti. Questo ha comportato il consolidamento del debito tributario e, in seguito, l’emissione di una cartella esattoriale nei suoi confronti. A quel punto, il contribuente ha deciso di presentare ricorso alla Commissione Tributaria, sostenendo vizi che riguardavano l’atto impositivo iniziale.

Le pronunce delle Commissioni Tributarie

La Commissione Tributaria Provinciale ha respinto il ricorso del contribuente, sottolineando che, non avendo contestato l’avviso di accertamento nei tempi previsti, il debito era divenuto definitivo. Di conseguenza, il contribuente poteva sollevare solo eccezioni relative a vizi propri della cartella di pagamento e non dell’atto di accertamento.

In appello, però, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio ha adottato un orientamento diverso.

Con la decisione n. 4895/2016, ha ritenuto che, poiché non era stata fornita prova della notifica dell’accertamento alla società, il socio fosse legittimato a sollevare eccezioni anche sull’atto impositivo a lui notificato.

Secondo i giudici regionali, la mancata prova della notifica dell’accertamento alla società rendeva giuridicamente inesistente l’atto impositivo nei confronti del socio. Ciò avrebbe permesso di contestarne la validità anche in sede di impugnazione della cartella.

L’intervento della Cassazione

A seguito del ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate, la Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione della CTR Lazio. I giudici supremi hanno ribadito un consolidato principio giurisprudenziale: un atto impositivo non contestato nei termini diventa definitivo e non può essere successivamente messo in discussione attraverso l’impugnazione della cartella di pagamento.

In particolare, la Corte ha affermato che la cartella derivante da un avviso di accertamento non impugnato può essere contestata solo per vizi propri e non per difetti che potrebbero inficiarne la validità o l’annullabilità.

L’impugnazione dell’avviso di accertamento: un obbligo imprescindibile

Nel caso specifico, l’accertamento nei confronti del socio derivava dalla presunta distribuzione di utili della società a ristretta base partecipativa. La validità dell’avviso di accertamento societario era una condizione necessaria per la presunzione di distribuzione degli utili ai soci. Tuttavia, ciò non esimeva il socio dall’obbligo di impugnare il proprio avviso individuale, anche se esso traeva origine dall’accertamento societario.

In altri termini, il contribuente avrebbe dovuto contestare immediatamente l’avviso di accertamento a lui notificato, sollevando eventuali vizi relativi anche all’atto impositivo della società. Una volta scaduti i termini per tale impugnazione, non poteva più recuperare la possibilità di contestare i vizi dell’atto originario attraverso il ricorso contro la cartella di pagamento.

La notifica dell’accertamento societario e il principio della conoscenza

Un altro aspetto esaminato dalla Cassazione, in questa sentenza sul ricorso cartella pagamento, riguarda la presunta mancata notifica dell’accertamento alla società. La CTR Lazio aveva ritenuto che l’omessa notifica dell’atto alla società potesse rendere nullo anche l’avviso individuale del socio.

La Corte di Cassazione ha tuttavia chiarito che la notifica di un atto tributario non è un elemento costitutivo dello stesso, ma una condizione di efficacia. Pertanto, eventuali vizi nella notifica non ne determinano automaticamente la nullità, a meno che non abbiano impedito al destinatario di venirne a conoscenza.

Nel caso di specie, il socio era comunque venuto a conoscenza dell’accertamento societario, dal momento che l’atto di accertamento individuale conteneva l’allegato relativo all’accertamento societario. Questo elemento ha portato i giudici a escludere l’inesistenza giuridica dell’atto.

Ricorso cartella pagamento: conseguenze della pronuncia

Con la sentenza in esame, la Corte di Cassazione ha dunque riaffermato il principio per cui la cartella di pagamento può essere impugnata solo per vizi propri e non per difetti dell’avviso di accertamento che l’ha generata.

Inoltre, ha sottolineato che un contribuente che non impugna un avviso di accertamento nei termini stabiliti dalla legge non può successivamente contestarne la validità attraverso il ricorso contro la cartella.

Il ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate è stato quindi accolto, senza necessità di un ulteriore rinvio della causa alla Commissione Tributaria.

Riassumendo

  • Impugnazione limitata – La cartella esattoriale può essere contestata solo per vizi propri, non precedenti.
  • Caso specifico – Un socio ha ricevuto una cartella dopo non aver impugnato l’avviso di accertamento.
  • Decisione CTR Lazio – Ha ritenuto che l’inesistenza dell’accertamento societario permettesse l’impugnazione della cartella.
  • Cassazione interviene – Confermato che un avviso definitivo non può essere contestato tramite la cartella successiva.
  • Notifica e validità – La mancata notifica non rende nullo un atto se il destinatario lo conosce.
  • Conseguenze pratiche – Necessario impugnare subito l’avviso, altrimenti il debito diventa definitivo e inoppugnabile.

Pasquale Pirone

Dottore Commercialista abilitato approda nel 2020 nella redazione di InvestireOggi.it, per la sezione Fisco. E’ giornalista iscritto all’ODG della Campania.
In qualità di redattore coltiva, grazie allo studio e al continuo aggiornamento, la sua passione per la materia fiscale e la scrittura facendone la sua principale attività lavorativa.
Dottore Commercialista abilitato e Consulente per privati e aziende in campo fiscale, ha curato per anni approfondimenti e articoli sulle tematiche fiscali per riviste specializzate del settore.

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