Le cartelle esattoriali sono un vero e proprio incubo per milioni di contribuenti. Questa affermazione nasce dal fatto che si tratta di un atto esecutivo con cui l’Agenzia delle Entrate Riscossione oggi (ed Equitalia in passato) cerca di recuperare i crediti fiscali vantati dagli enti pubblici nei confronti dei contribuenti. Un atto esecutivo che va preso con le molle, perché è pericoloso sottovalutare.
Cartella esattoriale, ecco di cosa si tratta
Una cartella esattoriale è il principale atto con cui l’Agenzia delle Entrate Riscossione chiede al contribuente di mettersi in regola. Di fatto, rappresenta una comunicazione di un debito a carico di chi la riceve.
Può nascere da una tassa evasa, da un tributo o da un’imposta non pagata, ma anche da multe prese e non saldate.
Il perimetro su cui si applica il sistema della cartella esattoriale spazia quindi dalle tasse o imposte non versate, alle infrazioni del Codice della Strada e fino ai contributi previdenziali.
Nello specifico, dentro una cartella il contribuente trova il dettaglio delle somme dovute, compresi interessi, sanzioni e diritti di riscossione (cosiddetto aggio). Trova, naturalmente, anche la modalità di pagamento e i dettagli delle precedenti notifiche da cui derivava il debito. All’interno della cartella è inoltre indicata la scadenza del pagamento.
Cartelle esattoriali, cosa sono, come salvarsi, i rischi e i vantaggi delle normative
I dati prima citati, che costituiscono il contenuto della cartella, devono essere verificati attentamente. In alcuni casi, infatti, possono rendere la cartella nulla e, quindi, non dovuta. Per essere lecita, la cartella deve includere il riferimento alla notifica di accertamento, ossia la comunicazione di irregolarità nel pagamento delle tasse (o di tutto quanto detto in precedenza) o di un altro atto formale da cui scaturisce la cartella stessa.
Inoltre, la cartella non deve presentare vizi di sorta, né dal punto di vista della descrizione dei debiti né relativamente ai dati anagrafici del contribuente o alle date di notifica degli atti precedenti. Per esempio, una cartella che fa riferimento a un atto notificato oltre 5 anni prima è nulla in quanto prescritta.
Cosa fare dopo aver ricevuto l’atto
Fatta salva la possibilità di presentare ricorsi per infondatezza della pretesa o per eventuali vizi riscontrati (facoltà del contribuente), alla ricezione della cartella esistono diverse strade da intraprendere.
- Pagare subito, estinguendo la pendenza.
- Richiedere la rateizzazione. In questo caso, la novità del 2025 è che si possono chiedere fino a 84 rate mensili con una domanda online sul portale dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, senza particolari documenti da produrre. Oppure si possono chiedere 120 rate mensili, ma dimostrando la temporanea difficoltà economica con prove certe. Come, ad esempio, la produzione del proprio ISEE del nucleo familiare in corso di validità.
- Contestare una cartella esattoriale con un ricorso può essere, appunto, un’altra soluzione. Prima di tutto, c’è la possibilità di presentare un ricorso amministrativo, chiedendo al concessionario di rivedere la cartella alla luce delle memorie prodotte, evidenziando che la pretesa non è del tutto legittima. Un’ulteriore via è il ricorso presso la Commissione Tributaria competente per territorio. In genere, i ricorsi devono essere effettuati entro 60 giorni dalla data di notifica della cartella esattoriale.
I rischi che derivano dalle cartelle esattoriali
Per la loro natura di atti esecutivi, è evidente che la cartella esattoriale porti serie conseguenze a chi non paga o non si adopera per le soluzioni alternative sopra citate (rateizzazione o ricorso).
Se si persiste nel mancato pagamento, il contribuente rischia di subire azioni di esecuzione forzata.
Tali azioni vanno dalle ganasce fiscali del fermo amministrativo sui veicoli, al pignoramento di stipendi, pensioni, conti correnti, beni mobili, beni immobili e così via. Comprese naturalmente le ipoteche sugli immobili.