Quando l’ideologia prende il sopravvento sui fatti, l’unica cosa che si possa fare per contrastarla è attendere che provochi i danni attesi per svelarne l’idiozia. Magra consolazione per i cittadini del Vecchio Continente, a meno che alle elezioni europee di giugno non rimarchino una seria volontà di cambiamento con la matita. Il voto di mercoledì sulla Energy performance of buildings directive (Epbd) dell’Europarlamento ha messo a nudo i paradossi dei tempi che viviamo. Con 370 voti a favore, 199 contrari e 46 astenuti è passata la contestata legislazione sulle “case green”.
Case green, PD esulta
Ad esultare è stato anche il Partito Democratico di Elly Schlein, che non si capacita del perché le forze di maggioranza a Roma non abbiano votato a favore. Per i dem si tratta di una grande opportunità ineludibile per avanzare nella direzione della transizione energetica. Il testo è stato ammorbidito rispetto alla severità iniziale ben più stringente. Ad esempio, non esiste formalmente l’obbligo a carico dei proprietari di rendere le case green con lavori di ristrutturazione. Né è stato confermato il divieto per le banche di erogare prestiti avendo a garanzia case non performanti dal punto di vista energetico. Per il PD tanto è bastato per parlare di “successo”, anche se avrebbero ugualmente votato il testo, come già accaduto l’anno scorso.
Cosa prevede la direttiva
Cosa prevede la direttiva? Tutti i nuovi edifici pubblici dovranno essere costruiti ad emissioni zero entro il 2028, quelli privati entro il 2030. E gli edifici residenziali esistenti dovranno abbattere le emissioni di CO2 del 16% entro il 2030. In particolare, quelli con classe energetica più bassa (F e G) dovranno obbligatoriamente subire interventi di efficientamento energetico. Secondo gli studi dell’Unione Europea, le case sono responsabili del 40% dei consumi di energia e di un terzo delle emissioni di CO2 nell’area.
In Italia esistono 12,5 milioni di abitazioni, di cui 7,6 milioni apparterrebbero alle classi energetiche più basse. Più datate, appartengono a famiglie meno abbienti e sono perlopiù dislocate nelle aree del Mezzogiorno. Soltanto l’1% godrebbe della valutazione più alta: A4. E parliamo chiaramente delle nuove costruzioni. Questo vuol dire che più del 60% delle abitazioni italiane dovrà effettuare lavori di ristrutturazione entro il 2040 per adeguarsi ai nuovi criteri dell’Unione Europea. Secondo Codacons, allo stato attuale salire di almeno un paio di classi energetiche costerebbe in media sui 35.000 euro. I conti sono presto fatti: 266 miliardi da trovare in meno di un ventennio.
Direttiva UE colpisce famiglie più svantaggiate
Da un punto di vista puramente teorico, sarebbe bello che tutte le case fossero green. Minori consumi di energia, emissioni inquinanti e abitazioni più confortevoli. Ma si può imporre per legge a un proprietario di ristrutturare casa, anche se non dispone dei mezzi finanziari per farlo? La direttiva chiarisce che non dovranno esservi aiuti pubblici allo scopo, che vadano oltre i fondi del Pnrr già stanziati. Semmai, bisognerà garantire l’accesso al credito bancario alle fasce più deboli. Insomma, le famiglie più economicamente svantaggiate dovranno indebitarsi per contribuire alla transizione green.
C’è qualcosa di sinistra in questo provvedimento di bieca ideologia? Ai socialisti anche soltanto di venti o trenta anni fa verrebbe il mal di stomaco. I loro discendenti esultano per avere costretto per legge le famiglie meno abbienti a strangolarsi finanziariamente per avere case green. E fosse stato per loro, le avrebbero persino escluse dal credito e impoverite con il collasso delle quotazioni immobiliari che quel divieto avrebbe inflitto.
La sinistra abbandona le vecchie battaglie
Non c’è niente che possa essere considerato progressista in questa direttiva. E il fatto che la sinistra non lo capisca, conferma la ragione per cui abbia perso da anni il popolo dei lavoratori e degli emarginati. Risponde ormai a un’élite della medio-alta borghesia, lontana dai bisogni materiali più impellenti. Ha rimpiazzato le battaglie sociali storiche (redditi, uguaglianza, ecc.) con altre meno fastidiose per i detentori del capitale: immigrati, diritti Lgbt, ambientalismo, parità di genere, ecc.
Forse che la lotta all’inquinamento non sia un obiettivo desiderabile? Certo che lo è, ma bisogna trovare il modo di renderlo socialmente compatibile con le condizioni della gente in carne e ossa. Anziché partire dalla costruzione dei tetti – a proposito di case green – una sinistra degna di questo nome si muoverebbe dalle fondamenta, per far sì che le fasce della popolazione meno abbienti migliorino i loro redditi. Solo standard di vita più alti consentirebbero loro di ristrutturare senza obblighi di legge e sussidi di varia natura. Ma tale via richiederebbe alla sinistra europea uno sforzo maggiore di comprensione e analisi della realtà. Non ci è più abituata da decenni.
Case green boomerang per la sinistra europea
Anche se gli stati nazionali trovassero il modo di coprire le spese di ristrutturazione per le famiglie più svantaggiate l’impatto sui conti pubblici sarebbe tremendo. Si veda a tal proposito il Superbonus. E l’Italia figura tra quelli con minori spazi di manovra fiscale, per cui resteremmo indietro. In ogni caso, più debito pubblico per le case green equivale a dover risparmiare su altri servizi dello stato come scuola e sanità, socialmente molto sensibili.