“Un oggetto nuovo è un oggetto morto: solo le rovine sono davvero vive, solo un vestito liso mostra la sostanza del suo tessuto. Solo nell’usura delle cose vediamo una forza che è passata attraverso il movimento del tempo“, afferma Fabrizio Caramagna. L’usura è un segno del tempo che passa. Da essa trapela la storia di un oggetto e delle persone che in un modo o nell’altro ne hanno fatto utilizzo.
Questo, però, non vuol dire che bisogna lasciare le cose in balia degli avvenimenti.
Case trasformate in ruderi, cosa c’è dietro
Confedilizia ha reso noto le ultime informazioni in merito agli immobili ridotti in ruderi. Entrando nei dettagli si evince che stando ai dati dell’Agenzia delle entrate riguardanti lo stato del patrimonio immobiliare del nostro Paese nel 2022, sembra che il numero di immobili rientranti nella categoria catastale F2, ovvero ruderi, è aumentato del 2,7% rispetto all’anno prima. In particolare, sottolinea Confedilizia:
“Il dato più allarmante emerge quando si confrontano i numeri pre e post Imu: dal 2011, gli immobili ridotti alla condizione di ruderi sono più che raddoppiati, passando da 278.121 a 610.085, con un incremento del 119,36 per cento. Questa situazione ha evidenti conseguenze sulle aree in cui tali edifici insistono, creando un serio problema di degrado urbano e sociale. Si tratta di immobili, appartenenti per il 90 per cento a persone fisiche, che pervengono a condizioni di fatiscenza per il solo trascorrere del tempo o, in molti casi, in conseguenza di atti concreti dei proprietari (ad esempio, la rimozione del tetto) finalizzati a evitare almeno il pagamento dell’Imu. Va infatti ricordato che sono soggetti alla patrimoniale immobiliare – giunta a un carico di 22 miliardi di euro l’anno – persino i fabbricati definiti “inagibili o inabitabili”, ma non ancora considerati “ruderi””.
L’importanza di ridurre il carico fiscale dell’Imu sugli immobili
Proprio l’Imu, quindi, sembra contribuire all’aumento dei ruderi.
Eliminare l’Imu nei Comuni fino a tre mila abitanti, ad esempio, non peserebbe molto sulle finanza pubbliche. Si tratterebbe di un costo pari a 800 milioni di euro, ovvero meno del 4% del gettito complessivo dell’imposta. Una misura che, se attuata, si rivelerebbe un segnale importante per molti proprietari, in particolare eredi, che non dispongono delle risorse economiche necessarie a riqualificare i propri immobili.