La folle corsa al cashback di Natale è partita. Fra intoppi tecnici e rallentamenti per scaricare l’app IO e per registrarsi al programma dei rimborsi di Stato, oggi tutto sembra destinato a buon fine. Se non fosse che i soldi per i rimborsi potrebbero non bastare per tutti.
Il cashback di Stato, avviato in via sperimentale dal governo fino al 31 dicembre 2020 per dare impulso agli acquisti natalizi rischia di fare flop. I soldi potrebbero, infatti, non bastare per tutti e il rischio di vedersi un rimborso inferiore al 10% delle spese effettuate a fine anno è concreto.
Cashback, soldi insufficienti per tutti
A confermarlo sono i numeri. Lo stanziamento del governo per questa prima fase sperimentale di rimborsi è di 228 milioni di euro. Una cifra che potrebbe essere anche abbastanza cospicua, ma di fatto non lo è. Al 12 dicembre scorso erano infatti, 3,6 milioni gli utenti iscritti al sistema PagoPA che gestisce il cashback collegato all’app IO. Posto che il rimborso massimo previsto è di 150 euro a testa, salta fuori che, nel caso estremo, per accontentare tutti lo Stato dovrà mettere sul piatto 540 milioni di euro. Più del doppio di quanto previsto.
Difficile che la legge di bilancio, in fase di approvazione in Parlamento, stanzi ulteriori soldi per il cashback in questa prima fase sperimentale. E forse anche per il 2021, quando gli utenti avranno preso dimestichezza con il sistema di rimborsi e forse saranno anche raddoppiati in numero. L’app IO continua, infatti, a registrare migliaia di nuovi utenti ogni giorno con milioni di carte di credito e bancomat inseriti.
Rischio rimborsi inferiori al 10%
Al di là del fatto che i soldi, a occhio e croce, non saranno sufficienti per tutti, ci si domanda adesso come verranno distribuiti dallo Stato. C’è chi ipotizza che i rimborsi saranno concessi a tutti, ma solo in parte a febbraio se verrà superato il tetto massimo.
In caso di rimborsi superiori alle disponibilità stanziate, quindi, i soldi saranno attribuiti ai consumatori con il sistema del riparto. In pratica si rischierà di ricevere una percentuale inferiore al 10% della spesa sostenuta. Tutti saranno quindi accontentati, ma in misura diversa da quella inizialmente promessa dal governo. Un flop? No, perché sarà sempre qualcosa in più che non farà desistere il consumatore dall’utilizzare carte di pagamento elettroniche al posto dei contanti.
Cashback, sarà comunque un successo
Per il governo sarà comunque un successo e per i consumatori non sarà una delusione. Se anziché il 10% si riceverà il 7 o 8 per cento, poco importa. E’ sempre qualcosa in più che arriva per non aver utilizzato il contante. Viene però da chiedersi se il sistema cashback, così concepito, sia stato appositamente studiato oppure è la solita mancanza di previdenza da parte dei governanti che hanno lanciato l’iniziativa.
Dietro a tutta questa manovra ci sono però le banche. Sono loro che hanno ideato il cashback (non il governo Conte). In primo luogo per obbligare i consumatori a utilizzare mezzi di pagamento alternativi al contante e che hanno un costo di gestione annuale. Una carta di credito o un bancomat costa mediamente 20-30 euro all’anno. E a dicembre le attivazioni di carte sui circuiti delle carte di credito e pagoBancomat si sono impennate.
In secondo luogo per incassare soldi attraverso le commissioni derivanti da milioni transazioni elettroniche mediante Pos.
Le imposte di bollo
Da non trascurare poi le imposte di bollo. Ogni volta che si utilizza una carta di credito e l’estratto conto mensile supera 77,47 euro, viene applicata l’imposta di bollo di 2 euro. Lo Stato, quindi, incasserà sicuramente più soldi da questa manovra, a meno che un consumatore non superi tale soglia. Il che pare abbastanza difficile se per ottenere un rimborso massimo di 150 euro bisogna spenderne 1.500. Oltretutto sotto Natale quando il ritmo dello shopping si intensifica.