La secessione della Catalogna non s’ha da fare. Lo hanno chiarito espressamente i vertici della UE nei giorni seguenti al referendum. Contrariamente a quanto ci si sarebbe aspettati da Bruxelles, la condanna delle violenze perpetrate ai seggi da parte della polizia spagnola non è arrivata. Le istituzioni comunitarie non hanno espresso alcuna solidarietà al popolo catalano, anzi è arrivata una dura reprimenda del presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, che ha chiarito come non sia immaginabile che si persegua la frammentazione nell’area con l’esasperazione dei vari regionalismi.
Le ragioni di tale posizione di Bruxelles sono evidenti: nessuno potrebbe permettersi oggi di strizzare l’occhio a una o più regioni indipendentiste, salvo perdere l’appoggio degli stati nazionali. Se la UE tendesse la mano alla Catalogna indipendente, si ritroverebbe la Spagna al di fuori delle sue istituzioni, ovvero la quarta economia dell’Eurozona. Né gli altri governi accetterebbero mai che le istituzioni europee indebolissero gli stati sovrani, perseguendone la disgregazione. Sarebbe la fine anche della UE stessa, già ingovernabile a 27-28 stati, figuriamoci se il numero dei membri crescesse e a parità di perimetro e popolazione.
Calalogna indipendente sarebbe fuori dalla UE
Ieri, Bruxelles è stata ancora più chiara, quando ha fatto presente ai leader catalani che separandosi dalla Spagna, la regione sarebbe sbattuta anche fuori dalla UE. Si tratta dell’applicazione della cosiddetta “dottrina Prodi”, dal nome dell’ex presidente della Commissione europea (1999-2004), nonché il due volte premier italiano (1996-1998 e 2006-2008).
Così stando le cose, la Catalogna indipendente resterà un sogno per il suo leader Carles Puigdemont, perché è evidente che se esistono già dubbi sull’effettivo seguito interno che avrebbe oggi la proclamazione della secessione dal resto della Spagna, molto improbabile sarebbe che una fetta significativa di popolazione catalana fosse oggi disposta a mettere a repentaglio quel benessere sbandierato come orgoglio contro Madrid, dato che la regione dovrebbe lasciare la UE con tutti i benefici ad essa connessi, in termini di accordi commerciali con il resto del mondo, relazioni economiche con il resto d’Europa e anche di moneta. Già, perché fuori dalla UE si sarebbe anche senza euro. Barcellona potrebbe anche continuare ad adottare unilateralmente la moneta unica, come oggi fa fuori dall’Eurozona e dalla stessa UE il Montenegro, ma non sarebbe la stessa cosa, specie se con la secessione dovesse fare i conti anche la prevedibile fuga dei capitali. A tale riguardo, Banco Sabadell SA ha annunciato di avere un piano per lasciare la Catalogna, mentre potrebbe seguirlo CaixaBank SA, che è anche il simbolo della forza finanziaria della regione, nonché terza banca per dimensioni in Spagna. E tre altre società, come Abertis, Catalana Occidente e Gas Natural SDG, la cui capitalizzazione complessiva in borsa ammonta a 40 miliardi, prenderebbero in considerazione tale possibilità, nel caso in cui Barcellona s’intestardisse a dichiarare l’indipendenza unilateralmente. (Leggi anche: Secessione Catalogna incentivata dall’euro?)