La scorsa settimana, il Tesoro ha collocato all’asta tre titoli di stato, tra cui la sesta tranche del CcTeu con scadenza 15 aprile 2029 e cedola 0,65% (ISIN: IT0005451361). Ieri, questo bond prezzava di poco sopra la pari a 100,85. Al netto dell’Euribor a 6 mesi a cui è agganciato, offriva un rendimento dello 0,53%. Tuttavia, includendo l’Euribor nel conteggio, il rendimento si azzera. Questi, infatti, si attestava anch’esso al -0,53%.
I CcTeu sono certificati di credito strutturati, vale a dire presentano cedole variabili, in quanto legate a un indice.
Poiché il BTp con cedola fissa e scadenza nel 2029 offriva nella giornata di ieri un rendimento superiore allo 0,60%, il differenziale con il CcTeu risultava inferiore allo 0,10%. Questo sarebbe l’Euribor a 6 mesi medio atteso dal mercato nell’arco dei prossimi 7 anni e mezzo. Bassissimo e pur sempre ottimistico, se consideriamo che questa scadenza viaggia su valori negativi da ben 6 anni.
CcTeu e il legame con l’Euribor
Detto questo, il CcTeu 2029 può considerarsi una scommessa a tutti gli effetti sull’inflazione. Essa è già salita sopra il 4% nell’Eurozona, ai massimi dal 2008. La BCE ha negato anche nella giornata di ieri di avere un programma alcun rialzo dei tassi nel corso del 2022. Per l’istituto, la reflazione che stiamo vivendo sarebbe transitoria, dovuta perlopiù ai postumi della pandemia. Ma da qui all’aprile 2029 intercorrono quasi 7 anni e mezzo, un arco di tempo più che sufficiente in teoria per confidare nella normalizzazione della politica monetaria.
E’ molto difficile prevedere che l’Euribor a 6 mesi torni ai valori precedenti alla crisi finanziaria del 2008, quando arrivò a superare il 5%.