Al tradizionale raduno annuale di Pontida, festa storica del Carroccio, il leader Matteo Salvini potrebbe annunciare una novità shock per tutti i militanti padani: l’eliminazione della scritta “Nord” dal simbolo del partito. Insomma, la Lega non sarà più una roba delle Alpi, ma punta formalmente a prendere voti al Sud. Se ne discute da anni, ma se davvero l’indiscrezione fosse confermata, stavolta saremmo dinnanzi non già a una mera strategia, bensì a una mutazione genetica degli ex “nordisti”, i quali si trasformerebbero in un partito nazionale.
E Salvini lo ha capito benissimo: la sua creatura non potrà mai andare oltre certe percentuali da sola e, in ogni caso, difficilmente sarebbe percepita forza trainante di una coalizione di governo. Serve, quindi, cambiare pelle, inglobare forze moderate e competere a viso aperto con Forza Italia, che dopo due decenni trascorsi a utilizzare toni tutt’altro che centristi, adesso punta a riposizionarsi sullo scacchiere politico come forza politica anti-populista.
Ce la farà Salvini a scalfire la leadership di Berlusconi e a scalare i sondaggi con numeri più solidi di quelli attuali della sua (ancora) Lega Nord? Se sì, saremmo di fronte a un grande paradosso per il centro-destra. Sinora il partito o listone unico avrebbe dovuto farlo proprio l’ex premier, che continua, tuttavia, a tenersi le mani libere da ogni scelta irrevocabile, non avendo dentro di sé sciolto la riserva sul da farsi per il dopo elezioni, ovvero se tentare un governo con gli alleati storici nel caso di vittoria del centro-destra o se puntare a un’alleanza con il PD, magari sostenendo un governo Gentiloni-bis.
Berlusconi fregato da un predellino 2.0?
Una semplificazione della coalizione servirebbe come il pane, non solo ai suoi protagonisti, bensì al paese, che merita un quadro più chiaro e una riduzione della frammentazione politica. Berlusconi starebbe tentennando troppo sulla ricomposizione del centro-destra e il risultato di questo attendismo snervante potrebbe costargli caro. In gioco non ci sarebbero solo i numeri dei consensi, ma anche e, soprattutto, la capacità dei suoi avversari interni di trovare formule politiche credibili, in grado di insidiargli il monopolio della “moderazione” nella coalizione.
Tra poco più di un mese, avremo modo di verificare se non si sarò trattato di una pura operazione di marketing tardo-estiva o se dopo le vacanze non si metteranno in moto movimenti tellurici spiazzanti nel centro-destra. L’ex premier non può certamente pensare che a 23 anni dalla sua discesa in campo, la “rivoluzione” liberale con cui si ripresenterà per la settima volta al voto sia un’alleanza con Angelino Alfano, uomo tacciato da lui stesso fino all’altro ieri di “tradimento”, ma che adesso corteggia come se nelle sue mani vi fosse il destino della politica italiana. L’uomo del predellino rischia di essere bruciato sul tempo da una svolta simile a 10 anni di distanza, diretta dal leader del Carroccio. (Leggi anche: Così Alfano punta a tornare con Berlusconi)