Quando si parla di cessione del quinto, è necessario fare alcuni distinguo. In primis sulla reale convenienza dell’operazione rispetto alle necessità e alle disponibilità del contribuente che la effettua.
Il problema riguarda sostanzialmente il modus operandi richiesto per l’approvazione della forma di finanziamento che, pur essendo a tasso fisso (alla stregua di un prestito ordinario) e consentendo l’ottenimento di una somma di denaro in forma di credito al consumo, può essere richiesta solo da una specifica categoria di consumatori.
In sostanza, già dall’impostazione generale della misura, emergono le prime restrizioni. La cessione del quinto, inoltre, di per sé non può andare oltre il 20% del netto mensile percepito. Per l’esattezza, un quinto del totale. L’unica eccezione riguarda i lavoratori dipendenti utilizzanti il cosiddetto prestito delega, quindi con aumento fino ai due quinti dello stipendio netto mensile. Si parlerà, in questo senso, del doppio quinto. Negli ultimi anni, il trend di richieste è cresciuto parimenti ai vantaggi concessi dall’operazione. Addirittura, nel quinquennio scorso, era stata stimata una crescita nell’ordine dei 20 miliardi di euro circa. Il bilanciamento tra vantaggi e svantaggi, in sostanza, pendeva dalla parte dei primi.
Cessione del quinto: i pro e i contro del prestito al consumo
Chi ha un impiego pubblico o statale parte quindi avvantaggiato.
Nondimeno, l’erogazione delle somme avviene in tempi rapidi, considerando la garanzia doppia data dal datore di lavoro con la busta paga (o, in caso, dalla pensione) e dalla presenza di un’assicurazione. Addirittura, la cessione del quinto consente l’erogazione di un prestito anche se il richiedente è segnalato come cattivo pagatore. Per quel che riguarda i tassi di interesse, infine, quelli globali medi sono aggiornati in modo periodico dal Mef, oltre che dall’Inps.
I contro
Di contro, in quanto tale, la cessione del quinto assume alcuni aspetti limitanti. In primis, la chiusura a lavoratori che, pur potenzialmente dotati di stipendi importanti, non detengono contratti indeterminati. È il caso, per esempio, dei liberi professionisti, ma anche dei dipendenti di imprese medio-piccole, non in grado di assicurare introiti a lungo termine. In questo senso, la richiesta di cessione del quinto andrebbe a scontrarsi con le garanzie richieste al datore di lavoro. Allo stesso modo, la limitazione vale anche per coloro la cui pensione si attesta su standard minimi o, in caso, sull’assegno percepito per invalidità o inabilità.
Riassumendo…
- La cessione del quinto richiede stabilità lavorativa o pensionistica;
- concede buoni vantaggi ai dipendenti statali o privati indeterminati. Tra questi, la rapidità di erogazione e il tetto massimo ottenibile (75 mila euro);
- per sua stessa natura, le limitazioni compensano i vantaggi, limitando gli effetti benefici ai soli dipendenti indeterminati statali.