I contributi che si versano obbligatoriamente per la pensione finiscono in pancia ai fondi previdenziali pubblici gestiti dall’Inps. Il più grosso è quello dei dipendenti pubblici e privati, ma ci sono anche quelli degli autonomi, dei liberi professionisti, delle casalinghe, delle casse private, ecc. Le somme versate contribuiscono alla formazione del montante contributivo che servirà per liquidare la pensione al momento opportuno.
Detti fondi rivalutano annualmente le somme versate in base all’andamento del Pil, sulla base di una media quinquennale.
Dove finiscono i soldi delle pensioni integrative
Diverso è, invece, il funzionamento della previdenza complementare, quella legata ai fondi pensione. In questo caso, le somme di denaro prelevate dalla quota di Tfr e destinate allo scopo di formare una pensione integrativa, non seguono le stesse regole dei contributi obbligatori (IVS). Il denaro è investito direttamente sui mercati obbligazionari e azionari con i relativi rischi.
E’ quindi di basilare importanza sapere che il rendimento dei fondi destinati alla previdenza complementare non è garantito. Non solo. Vi è anche il rischio di perdere quote di capitale se i rendimenti dovessero essere negativi, come si è visto nel 2022 con l’esplosione dell’inflazione e l’intervento in extremis della Banca d’Inghilterra che ha evitato un crac di dimensione planetarie.
Solo per dare qualche numero, lo scorso anno i fondi pensione hanno perso mediamente il 10% di rendimento, con punte del 12,5% (dati Covip), mandando in fumo anni e anni di rendimenti composti da parte di chi aveva iniziato già nel 2013 ad aderire alla previdenza complementare. Di botto, insomma, si sono azzerati i guadagni dei lavoratori di dieci anni.
I rischi dei fondi pensione
I fondi pensione non sono tutti uguali. Aperti o chiusi, poco importa, non fa differenza. Ci sono quelli che promettono maggiori guadagni, come quelli azionari, e quelli più prudenti e garantiti che investono in titoli di stato e obbligazioni. In tutti i casi, però, vi sono componenti di rischio legate all’andamento dei mercati finanziari. Oggi più che mai.
La pandemia prima, la guerra in Ucraina poi, il ritorno dell’inflazione, la volatilità dei prezzi delle materie prime, ecc. sono tutti fattori che tendono a destabilizzare i prezzi sui mercati. E di conseguenza anche i rendimenti dei fondi pensione, quelli che dovrebbero garantire al lavoratore una integrazione alla pensione una volta uscito dal mondo del lavoro.
Fra i rischi maggiori, oltre a quello legato ai mercati finanziari, c’è anche quello della liquidità. Alcuni fondi pensione di piccole dimensioni potrebbero non riuscire a fronteggiare i riscatti nel caso di crisi finanziarie. Come avvenuto la scorsa primavera con le difficoltà con le polizze Eurovita.
Ma poi c’è anche il rischio connesso all’abilità dei gestori. Non esistono in questo campo maghi della finanza e gli errori negli investimenti sono all’ordine del giorno. Solo che nessuno lo dice, non c’è trasparenza e il lavoratore resta ignaro di tutto. Slavo accorgersi alla fine che le promesse di rendimento sono state disattese.
L’unica soluzione sarebbe affidare il Tfr ai fondi pensione monetari per avere una certa garanzia di rendimento. Ma, poi fra commissioni e costi di gestione, il guadagno se ne va. Nei primi sei mesi del 2023, ad esempio, queste linee di investimento hanno reso poco più di zero. Tanto vale allora lasciare i soldi nel Tfr in azienda.
Riassumendo…
- I contributi obbligatori per la pensione non perdono mai di valore.
- Destinare soldi alla previdenza integrativa comporta dei rischi legati all’andamento dei mercati.
- I fondi pensione investono in azioni, obbligazioni e titoli di Stato.
- Costi di gestione e commissioni dei gestori erodono i rendimenti dei fondi pensione.