Chi ha il compito di decidere se vi è stato un abuso nell’uso del permesso legge 104? Come cantano Elisa e Luca Carboni con il brano Vieni a vivere con me: “Poi potremmo studiare il modo per vivere senza lavorare, studiare l’ora per andare al mare, decidere per chi votare”. Ogni nostra azione è il frutto di una decisione.
A partire da cosa mangiare a colazione la mattina fino ad arrivare al pigiama da indossare prima di andare a dormire, tante sono le scelte da fare.
Il caregiver non è un impegno h24
Coloro a cui è stato certificato uno stato di disabilità grave e i familiari che prestano loro assistenza hanno diritto ogni mese a tre giorni di permessi retribuiti che possono essere anche frazionati ad ore. Ne possono fare richiesta i genitori, il coniuge, il convivente more uxorio in caso di unione civile, i parenti e gli affini entro il secondo grado. Ne hanno diritto anche i parenti e affini entro il terzo grado se i soggetti prima citati sono disabili, morti oppure abbiano più di 65 anni.
Un importante aiuto per le persone alle prese con gravi problemi salute che possono beneficiarne anche per soddisfare le esigenze di socializzazione. La situazione è differente per i lavoratori che prestano assistenza, i quali hanno diritto ai giorni di permesso retribuiti per garantire l’aiuto necessario al famigliare non autosufficiente. Nel caso in cui non adempiono al proprio dovere viene considerato un abuso.
In questo caso il lavoratore può decidere di licenziare per giusta causa. Ma non solo, può essere accusato di truffa aggravata nei confronti dello Stato per il conseguimento di erogazioni pubbliche.
Chi decide se c’è stato abuso nell’uso del permesso 104?
Poiché ad essere lesi dal comportamento scorretto del lavoratore sono sia lo Stato che l’azienda, i controlli sugli abusi dei permessi della legge 104 possono essere svolti sia dall’Inps che dal datore di lavoro. Quest’ultimo può ad esempio avvalersi dell’operato di un’agenzia investigativa privata. Attraverso appostamenti e pedinamenti può così accertare se il lavoratore presti effettivamente assistenza al soggetto disabile nei giorni in cui risulta essere assente dal posto di lavoro.
A tal proposito è bene ricordare che la Corte di Cassazione, attraverso l’ordinanza numero 11999 del 3 maggio 2024, ha spiegato che:
“il tempo dedicato all’assistenza non deve essere rapportato all’intera giornata ma piuttosto all’orario lavorativo, restando irrilevanti le ore serali e notturne, ha evidenziato che comunque i tempi non erano compatibili con la salvaguardia di spazi temporali adeguati per la cura di esigenze personali di vita dell’assistente”.
La Cassazione ha quindi confermato che il lavoratore non deve stare tutto il giorno a casa del soggetto disabile. Deve però garantire un’assistenza stabile e continuativa, in grado di coprire almeno la durata della giornata lavorativa. Questo, però, non vuol dire che il lavoratore debba prestare assistenza necessariamente nella fascia oraria in cui avrebbe dovuto lavorare. Come si evince dalla sentenza numero 245 del 5 giugno 2024 dal Tribunale di Ancona, infatti, il lavoratore interessato può liberamente gestire la giornata di permesso come desidera. Ovvero può decidere di fare da badante in altri frangenti della giornata. L’importante, infatti, che una parte prevalente del tempo sia dedicata ad assistere il familiare non autosufficiente.